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S. Messa nel 6° anniversario dell’ingresso di Mons. Fusco in Diocesi

Si è tenuta il 4 febbraio nella Cattedrale di S. Panfilo, a Sulmona, la solenne celebrazione eucaristica presieduta da S.E. Mons. Michele Fusco in occasione del suo sesto anniversario dell’ingresso in diocesi.
I sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, le famiglie e tutto il Popolo di Dio, si sono riuniti attorno alla mensa per rendere grazie al Signore di questi anni vissuti insieme e per affidargli l’imminente visita pastorale.

Di seguito l’Omelia del vescovo:

Carissimi, sei anni sono trascorsi dal mio arrivo a Sulmona, un tempo di grazia che il Signore mi ha concesso, un tempo di incontri, di relazioni intense, un cammino illuminato dalla guida dello Spirito Santo. Questa celebrazione si inserisce nel contesto del percorso sinodale di tutta la Chiesa universale e della nostra Chiesa diocesana, alla vigilia dell’avvio della Visita Pastorale e nell’anno di preghiera in preparazione al prossimo Giubileo.

Sotto la spinta di Papa Francesco avvertiamo che siamo ad una nuova tappa evangelizzatrice, ad una svolta importante per la Chiesa, ad un cambiamento che ci porta a prendere pienamente coscienza che siamo tutti chiamati ad essere evangelizzatori, cioè a portare il Vangelo, a condividere quella gioia e quella grazia che abbiamo ricevuto con il battesimo. Siamo chiamati a superare quella che il Papa chiama: “tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata” (EG 2) perché: “Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene”.

La Parola di Dio di questa domenica presenta (nella prima lettura) Giobbe come l’uomo che cerca il perché della sua vita, avverte il peso delle prove e non riesce a darsi una risposta, sembra incapace di aprirsi agli altri e a dare un senso pieno alla sua esistenza. Nel Vangelo invece Gesù è colui che totalmente amato dal Padre sa prendersi cura degli altri. Paolo nella seconda lettura diventa la voce dei credenti guariti dal Maestro e mette in guardia coloro che annunciano il Vangelo da interessi personali e da proprie gratificazioni. La suocera di Pietro rappresenta tutti noi che presi per mano dal maestro siamo liberi dalla febbre del peccato per porci al servizio del Regno.  

Guardando e ascoltando Gesù comprendiamo quale sia lo stile della Chiesa nel suo impegno di annunciare il Vangelo, di portare la buona notizia a tutti gli uomini.

Gesù inizia il suo annuncio dalla Sinagoga, luogo dove la comunità ebraica si riunisce per ascoltare la voce del Signore; il suo intervento dentro la Sinagoga diventa un invito a purificare la relazione con Dio. Poi passa, dalla Sinagoga luogo di annuncio della parola, alla casa luogo ordinario dove è vissuta la parola. Si reca a casa di Pietro, entra nelle relazioni familiari, quotidiane, lì dove si svolge una parte importante della vita, dove tutto si gioca nei rapporti personali, carichi di affetto ma anche di conflitti, entra nelle relazioni per guarire e ridare vigore.

La Suocera di Pietro è ammalata a letto, questo è il tempo in cui bisogna occuparsi di lei, mentre prima era lei che preparava una casa accogliente ora non può, è bloccata dalla malattia. La febbre le impone di restare a letto, ha bisogno di essere accudita e non ha le forze per amare. Questa donna è la chiara immagine di tutti coloro che sono colpiti dalla paralisi del peccato, bloccata tanto da dover solo ricevere e non poter dare. Sant’Agostino dice che il peccato consiste nella conversione a sé e nell’avversione a Dio, è un voltare le spalle a Dio. La vita viene consumata nel peccato pensando a se stessi.

I familiari raccontano a Gesù della donna ammalata, ci sono delle persone dunque, che presentano il suo stato, intercedono per lei. Nessuno si salva da solo, tutti abbiamo bisogno dei fratelli, della comunità che presenta al Signore le nostre malattie, le nostre paralisi nell’aprirci all’amore; siamo inseriti in una rete di relazioni di aiuto reciproco senza le quali non riusciremo a guarire dal peccato, nella comunione del Corpo mistico della Chiesa.

 I gesti di Gesù diventano per noi emblematici, ha ascoltato la richiesta della comunità familiare, si avvicina, si china su di lei, la tocca, la prende per mano, la rialza, la rimette nella sua vocazione di amare. La fa passare dalla schiavitù della malattia alla libertà di servire. Toccandola entra nella sua vita, genera una relazione; durante il Covid abbiamo capito che il contatto fisico è pericoloso, Gesù si lascia invece contagiare, disposto a prendere su di sé la malattia dell’altro, tanto da dare la vita. Allo stesso tempo però contagia con il suo amore. La donna guarita si mette a servire, infatti è Gesù che libera la nostra capacità di servire. Dopo ogni incontro con Gesù inizia una nuova vita. Perdonati e liberati dal peccato siamo pronti a servire la comunità. Gesù con il suo stile genera una vita nuova in noi.

Come Chiesa dobbiamo imparare questo stile, così da guidare tutti verso una rivoluzione della tenerezza. Con gli stessi sentimenti e atteggiamenti di Gesù. Nelle cronache della storia antica e moderna leggiamo pagine di rivoluzioni fatte con le armi, con la violenza, nessuno racconta di questa rivoluzione iniziata da Gesù. Fatta invece di tenerezza, compassione, carezze, gentilezza, dolcezza, strette di mano, dialoghi, sguardi di affetto. Rivoluzione che proclama le beatitudini degli operatori di pace, dei miti, di tutti coloro che adottano l’amore e la misericordia come “armi” invincibili.

Carissimi, la Parola che oggi abbiamo ascoltato e accolto raggiuga le nostre case e le nostre strade, contribuisca a diffondere la rivoluzione iniziata da Gesù, che non contempla la vendetta, non segue le strade della ripicca, non complotta contro il fratello, non genera avversari, ma opera nella trasparenza: tutto sopporta, tutto perdona.

Dopo la Sinagoga di Cafarnao, dopo essere stato in casa di Pietro e Andrea, Gesù si ferma davanti alla porta, dove tutta la città si riunisce. Ora il luogo di incontro con Gesù è la strada, alla porta della città trasformata in una grande Sinagoga, dove avviene la salvezza: I demoni sono messi a tacere poiché chi deve parlare è Gesù: la Parola vera. Lui è la porta aperta che accoglie e accompagna in una nuova relazione col Padre, è Lui: Gesù, che con profonda tenerezza continua a guarire.

Mentre si ritira per pregare lo raggiungono, e Pietro esclama: tutti ti cercano. La sua risposta è espressione di quel desiderio che porta nel cuore: andiamo in altre città, incontriamo altre persone, continuiamo questo annuncio di salvezza

Carissimi, questo è il giorno in cui Gesù ci prende per mano, tocca la nostra vita, la risana. Gli ridona forza per servire ed amare, non possiamo uscire da questa chiesa così come siamo entrati, perché siamo tutti chiamati a continuare la rivoluzione iniziata da Gesù. Se qualcuno non è stato ancora guarito dalle sue tristezze vada da uno specialista, chieda alla comunità di pregare per lui, si rivolga a qualche persona più avanti nel cammino e si rialzi rimettendosi nella propria vocazione di servizio alla comunità. Consegniamo, carissimi, la nostra malattia a Gesù, mettiamola su quest’altare perché ci possa risanare, guarire, così da ritrovare pienamente la nostra relazione col Padre e con i fratelli.

Concludo ricordando che oggi è la domenica dedicata alla vita, “La forza della vita ci sorprende”, questo il tema della giornata, proprio così la forza che Gesù riesce a trasmettere a donare, ci sorprende, ci ridona vita. La vita nuova in Cristo è sempre una sorpresa, la sofferenza e la malattia ci separano, le relazioni interrotte ci donano tristezza, le divisioni non generano Chiesa ma la distruggono. Arrendiamoci alla tenerezza con cui Gesù vuole entrare nella nostra vita, superiamo i muri che abbiamo innalzato per difenderci da possibili impegni in cui la Comunità vuole coinvolgerci, insieme innalziamo al Signore la preghiera gli uni per gli altri.

Ci sostengano i nostri protettori Panfilo, Pelino e Celestino e ci accompagni la Madre celeste. Amen