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Santa Messa Crismale 2020

Questa mattina alle 9:30 nella Cattedrale Sulmona il Vescovo S. E. Mons. Michele Fusco ha presieduta la Messa Crismale, che si sarebbe dovuta tenere lo scorso 8 aprile e rinviata a causa della pandemia da covid19. La Conferenza Episcopale Italiana aveva invitato le Diocesi, con la ripresa delle messe con il popolo, a celebrarla entro la solennità di Pentecoste (31 maggio).

La Messa crismale è considerata una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del Vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri con lui. Presenti in cattedrale, in segno di questa unità, i sacerdoti ed i religiosi che hanno rinnovato le promesse fatte nel giorno dell’ordinazione.

Secondo la normativa vigente sulla capienza nei luoghi di culto in cattedrale é stato possibile consentire la partecipazione,oltre a sacerdoti e diaconi, solo ad una rappresentanza delle Religiose diocesane e dei Laici che fanno parte del Consiglio Pastorale Diocesano.

Durante la Messa sono stati benedetti gli Oli Santi: il Crisma, l’Olio dei Catecumeni e l’Olio degli Infermi distribuiti alle parrocchie a fine celebrazione.

Ricorrono quest’anno gli anniversari di ordinazione sacerdotale di Mons. Aladino De Iuliis (65esimo), don Vincenzo Di Pietro (60esimo) e di don Luigi Ferrari (10anni) ricordati dal Vescovo nel corso della messa.

Il servizio del canto sacro é stato affidato ad un sestetto maschile della Cappella Musicale Pamphiliana.

Lo staff dell’Ufficio Liturgico diocesano ha curato, in ogni dettaglio, lo svolgimento della Santa Messa. 

La Messa é stata trasmessa in diretta dalla Ufficio diocesano Comunicazioni consentendo la più ampia partecipazione dei fedeli, nonostante le limitazioni del momento. 

La Chiesa diocesana di Sulmona-Valva esulta di gioia e rende lode a Dio per questo giorno di Grazia.   

Di seguito l’omelia del Vescovo Mons. Michele Fusco: 

Messa Crismale 2020- 30 maggio

Carissimi, avverto nel cuore una profonda gioia nell’incontrarvi, dopo che per vari mesi ci siamo sentiti solo telefonicamente o attraverso la rete dei contatti telematici.

L’esperienza di rimanere in casa, chiusi, in questo tempo sospeso, in attesa di poter riprendere le nostre consuete attività, ci ha fatto riflettere e ci aiuta a comprendere con più pacatezza quanto sta accadendo. Sappiamo vedere questo tempo come un tempo di grazia, un Kairos che il Signore ci ha dato da vivere, un segno dei tempi? Cosa il Signore ci sta dicendo in questo tempo?  Restiamo solo passivi attendendo l’inesorabile compimento della fine della Pandemia o sappiamo essere profeti capaci di leggere nelle pieghe della storia? Sappiamo aiutare anche le nostre comunità a cogliere un piano di Dio dentro queste situazioni?

La Parola ci ha ricordato: “Lo Spirito del Signore è su di me, lo Spirito mi ha consacrato”. Si, lo Spirito ci abita, lo invochiamo in questi giorni di Pentecoste e prendiamo coscienza che siamo abitati da una presenza che guida il nostro discernimento nelle scelte decisive e fondamentali della vita, come cristiani e pastori a cui il Signore ha affidato il suo gregge.

L’umanità si è scoperta fragile. L’ideologia capitalista che sostiene lo sviluppo della società, il progresso economico, la giustizia sociale, le relazioni tra i popoli, ha sperimentato le sue debolezze. L’aver posto in risalto l’economia come metro di misura della persona, dei rapporti, a base di ogni relazione come se fosse il prezzo a dar valore alla persona ha scoperto la sua vulnerabilità. Tutto questo ha da dirci qualcosa?   Un Virus che ha fatto emergere la debolezza di un sistema basato sul profitto e non sulla solidarietà e la comunione. D’altro canto abbiamo compreso che tutta l’umanità è interconnessa, interdipendente, siamo tutti sulla stessa barca come ci ha ricordato Papa Francesco.  Questa esperienza ci riporta ad una prima costatazione che ci invita ad andare a ciò che è essenziale, a ciò che conta: alla qualità delle relazioni, alla solidarietà, ad un nuovo rapporto con la natura.

Mi sembra che sia necessario operare un discernimento ecclesiale di questo periodo che abbiamo vissuto e ancora stiamo vivendo, alla luce della Parola e sotto l’azione dello Spirito Santo.

È possibile che in molti restiamo immobili ad attendere che tutto torni come prima, per riprendere la vita parrocchiale dallo stesso momento in cui l’hanno lasciata. Questo è un grosso rischio, una grande tentazione, ritornare come prima, come se quello appena vissuto fosse stato un tempo sospeso, da accantonare e dimenticare. Questo vuol dire essere persone al di fuori della storia, che non sanno cogliere negli eventi il messaggio di Dio, i segni della sua rivelazione. È soprattutto in questo tempo di incertezze, tempo di riferimenti molto labili, noi come Chiesa non possiamo rimanere a guardare alla finestra, come spettatori di un evento che non ci tocca, forse emozionandoci davanti a notizie e immagini in tv ma della durata di pochi attimi. Questa esperienza invece ci deve interrogare, come singoli e come Chiesa.

Una prima pista di riflessione: il non poter celebrare con il popolo l’Eucarestia, i Sacramenti, vedere le nostre chiese vuote, ci ha scosso fortemente, anche se nello stesso tempo ci siamo accorti che cresceva la bellezza della chiesa domestica, questo ci ha impressionati. Tanto che una delle tante vignette che circolavano in questo periodo   riportava un dialogo tra il diavolo e Dio: “Vedi che ti ho chiuso tutte le chiese?”, diceva il diavolo. E Dio gli risponde: “Al contrario, si è aperta una chiesa in ogni casa”.

Il discutere sull’Eucarestia, che è segno di comunione e genera comunità, ha spesso avuto come conseguenza la divisione tra posizioni diverse, più che la comunione stessa. Ci siamo resi conto che la nostra azione pastorale è rimasta fissa sui sacramenti, essenziali, indispensabili per la vita cristiana, nessuno lo mette in discussione.  Forse questa è l’occasione per ripensare ad altri modelli di apostolato parrocchiale e soprattutto a nuovi ministeri al di là delle strutture parrocchiali che ci aiutino  a riscoprire la bellezza della Chiesa domestica.

Nella ripresa non si potrà non tener conto della Chiesa in famiglia, nel quartiere, e promuovere una autentica Chiesa domestica, così come era all’inizio del cristianesimo. È la Chiesa che si attualizza là dove due o tre sono uniti nel nome di Cristo.

Ciò vale anche per la catechesi dove da sempre vorremo più partecipi i genitori e la famiglia. Così come la riscoperta dell’importanza della Parola di Dio da parte dei laici, ha visibilmente coinvolto tanti.

Giovanni Crisostomo rivolgeva queste parole ai padri di famiglia: «Quando ritornate a casa dovreste prendere la Scrittura e con vostra moglie, coi vostri figli rileggere e ripetere insieme la parola ascoltata in chiesa». «Ritornate a casa – continuava – e preparate due tavole, una coi piatti del cibo, l’altra coi piatti della Scrittura; il marito ripete ciò che è stato letto in chiesa… Fate della vostra casa una Chiesa».

Come merita riflessione la testimonianza di tanti operatori sanitari che si sono spesso sostituiti ai sacerdoti con una carità operosa, verso le persone in difficoltà e anche in fin di vita.  Quanti infermieri e medici in questo periodo hanno esercitato il loro sacerdozio, negli ospedali, con i morenti! Non è una supplenza del sacerdozio ministeriale, è l’esercizio pieno, autentico, legittimo del loro sacerdozio.

Un’altra constatazione importante riguarda la Caritas che ha avuto un ruolo fondamentale per la Diocesi. Oggi più che mai è emerso quanto siano necessarie le Caritas parrocchiali per avere sul territorio una rete di operatori dove possono convergere tutte le esigenze di un dato territorio. Collegata certamente alla più grande rete sociale dei Comuni e del volontariato.

Sono elementi su cui riflettere in questo tempo, per non tornare indietro, ma per andare avanti seguendo il soffio dello Spirito, che gonfia le vele della barca della Chiesa e la porta verso esperienze tanto antiche quanto nuove.  

Abbiamo potuto constatare la bellezza dei rapporti, delle relazioni tra noi, come in tanti, mi riferisco particolarmente ai sacerdoti, hanno intensificato i rapporti con i loro fedeli. Quando tutte le strutture vengono meno, quando non abbiamo più schemi organizzativi, restano i rapporti quelli veri. Informati dalla carità, dall’aiuto reciproco, che generano comunione e solidarietà. Di fronte alla tentazione dell’autosufficienza, questa esperienza ci ha fatto scoprire l’importanza di essere comunità solidale che sa scoprire nell’altro un fratello che posso aiutare e che mi aiuta.

Il Virus ha mietuto tante vittime, tanti morti, a cui rivolgiamo la nostra preghiera e sostegno alle famiglie. Ma vi sono anche tanti altri che sono stati contagiati da un virus ancora più subdolo, sono emerse malattie anche nei nostri ambienti: critiche sferzanti, divisioni, malumori, reazioni isteriche, giudizi spietati che ci hanno impedito di porci in ascolto dello Spirito che fa ardere il cuore. Ammalati di depressione, di una tristezza incomprensibile. La solitudine, la tristezza, l’inoperosità, hanno bloccato le comunicazioni. Un’atrofia spirituale che spesso ci ha resi pigri e accidiosi.

Altri colpiti da un male oscuro, una amarezza interiore, un seminare critiche gli uni verso gli altri, per colpevolizzare e generare confusione, senza costruire nulla anzi demolendo tutto senza alcun sentimento di carità. Alcuni toccati dalla paralisi, atrofizzati, senza riuscire a comunicare con i propri fedeli, rinchiusi dalla paura, pensando solo a proteggere se stessi.  Tutti siamo stati colpiti in qualche modo da un contagio, sperimentando la nostra debolezza, solitudine, inadeguatezza di fronte ai problemi.

Chi potrà aiutarci a guarire?

Chi potrà “fasciare le piaghe dei cuori spezzati”, “consolare tutti gli afflitti”, darci “olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto”.

Solo il Signore ci potrà salvare, se siamo disposti a rinnovare la nostra fede in Lui, se evitiamo di ritenerci protagonisti della nostra salvezza, autoreferenziali, e ci fidiamo di Lui. Ci salva il Signore con la sua morte e resurrezione. Gli impegni che tra poco i sacerdoti rinnoveranno sono l’espressione del nostro impegno ma anche della nostra fiducia nel Signore.

Gesù dice nel vangelo: “Oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato”. Ora si compie questa scrittura, che porta consolazioni e speranza. Siamo noi chiamati “a proclamare ai prigionieri la liberazione, … a rimettere in libertà gli oppressi”.

Da Lui riceviamo la consacrazione con l’unzione, da Lui riceviamo lo Spirito santo, che ci fa superare lo scoraggiamento, le delusioni, il pensare che dobbiamo fare tutto da soli. Solo il Signore ci salverà. Soltanto Lui potrà dare sostegno alla nostra gente.

Ci salverà il Signore dandoci l’olio che porta salvezza attraverso i sacramenti.  Con gli oli santi che oggi riceviamo alleviamo le sofferenze, rinnoviamo la fede, diamo guarigione a chi rimane bloccato dal male. Portiamo grazia a tutti coloro che cercano il Signore. Un pensiero particolare ai tanti cresimandi che non hanno potuto ricevere la cresima in questo anno. Sappiano cogliere questa opportunità per essere più pronti e disponibili ad accogliere lo Spirito.

Concludo con questa massima di Ugo di San Vittore: “Ubi amor, ibi oculos” L’amore dirige lo sguardo. Si contempla ciò che si ama, e si ama ciò che si contempla.  Dove abbiamo diretto il nostro sguardo in questo tempo di pandemia? Dove vogliamo rivolgere il nostro sguardo ora nel dopo pandemia?

Si guarda chi si ama, e se il nostro sguardo, quello del cuore ci ha visti dirigere la nostra attenzione verso chi soffre, verso le piaghe del Cristo crocifisso, continuiamo a sostenere la nostra gente, il nostro popolo, soprattutto chi dovrà affrontare situazioni di disoccupazione e di indigenza.

Volgiamo il nostro cuore, come ci ha ricordato la seconda lettura, a “Gesù Cristo, a colui che ci ama, che ci ha liberato dai peccati, e ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre”.

 Maria, Mater Ecclésiae, ci sosterrà e ci aiuterà nel nostro cammino. Amen

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