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Mons. Fusco apre la fase diocesana del Sinodo

La celebrazione eucaristica di domenica scorsa nella basilica cattedrale di San Panfilo in Sulmona, presieduta da mons. Michele Fusco e concelebrata dai sacerdoti della diocesi ha segnato l’inizio della fase diocesana del Sinodo che, lo scorso 10 ottobre il Papa Francesco, ha aperto nella basilica vaticana di San Pietro. La cattedrale peligna, gremita di tanti fedeli, rappresentati le parrocchie e i vari uffici e organi diocesani, è stata segno concreto di una Chiesa in cammino. Di seguito l’omelia che mons. Fusco ha rivolto ai presenti e a coloro che hanno seguito la celebrazione mediante i media diocesani e locali:

Vieni, Spirito Santo. Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita, preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire. Vieni tra noi, perché nell’esperienza sinodale non ci lasciamo sopraffare dal disincanto, non annacquiamo la profezia, non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili. Vieni, Spirito Santo d’amore, apri i nostri cuori all’ascolto. Vieni, Spirito di santità, rinnova il santo Popolo fedele di Dio. Vieni, Spirito creatore, fai nuova la faccia della terra. (Papa Francesco 9 ottobre 2021)

Carissimi, con questa celebrazione iniziamo il percorso sinodale della Chiesa di Sulmona –Valva. Abbiamo ricevuto un invito al quale abbiamo aderito, l’invito di Papa Francesco, quello della Conferenza Episcopale Italiana, a percorrere le strade del nostro tempo tra la nostra gente per un rinnovato cammino di Chiesa.

Fare Sinodo vuol dire camminare insieme, fare la stessa strada e condividere un cammino. In questo percorso non siamo soli, Lui, il Risorto, è con noi, è con la sua Chiesa, così come ci ha promesso: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (Mt, 28-20)

La prima cosa che chiedo a tutta la Chiesa di Sulmona-Valva, cosa che avverto come urgente e necessaria per questo percorso di sinodalità, a cui nessuno si deve sottrarre, è quella di porci in ginocchio e pregare, invocando lo Spirito Santo e mettendoci in ascolto della Parola del Signore. Intensifichiamo i momenti di preghiera, raccogliamoci tutti davanti all’Eucarestia, mettiamoci in pellegrinaggio spirituale, insieme con tutte le nostre comunità: parrocchie, gruppi, associazioni, confraternite, famiglie, particolarmente lo chiedo agli ammalati, chiediamo tutti con forza l’aiuto dello Spirito di Dio che doni luce e infonda i suoi sette doni a tutta la nostra Chiesa.

Nel discorso del 18 settembre 2021Papa Francesco alla Diocesi di Roma diceva che il Sinodo “Non è un’inchiesta, questa; ma si tratta di ascoltare lo Spirito Santo, come troviamo nel libro dell’Apocalisse: «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (2,7). Avere orecchi, ascoltare, è il primo impegno. Si tratta di sentire la voce di Dio, cogliere la sua presenza, intercettare il suo passaggio e soffio di vita”.

Oggi abbiamo ricevuto una Parola della Scrittura, accogliamo dalla Parola di questa domenica la voce del Signore che ci trafigge il cuore, come una spada a doppio taglio si insinua dentro il nostro spirito e ci invita alla conversione. Con la sua Parola Gesù illumina la Chiesa per comprendere non tanto ciò che deve fare ma come deve essere.

Possiamo cogliere vari elementi importanti dal Vangelo: Gesù che cammina insieme con gli apostoli li ascolta, dialoga, fa discernimento, presenta il progetto del Padre, poi annuncia una Parola che diventa importante per l’agire della Chiesa.

Primo punto: Gesù condivide il suo cammino verso Gerusalemme con i discepoli, coloro che da circa tre anni sono con lui. Li prepara alla passione, li istruisce, rivela i misteri del Regno. Questa prima icona del vangelo di oggi ci parla di Sinodo, camminavano insieme fianco a fianco verso Gerusalemme, per Gesù è chiara la meta del cammino e la condivide con i suoi. Questo camminare è anche il nostro fare Sinodo. Alla Commissione Teologica Internazionale (2018) Papa Francesco specifica cosa vuol dire camminare insieme: (n.120) “Camminare insieme è la via costitutiva della Chiesa; la cifra che ci permette di interpretare la realtà con gli occhi e il cuore di Dio; la condizione per seguire il Signore Gesù ed essere servi della vita in questo tempo ferito”. Come Gesù cammina con i suoi così la Chiesa è chiamata a farsi compagna di strada con questa umanità, con le sue inquietudini e preoccupazioni.

Secondo punto: Ascolto e dialogo. Durante il cammino Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Una richiesta, una preghiera rivolta a Gesù, che Lui faccia ciò che loro chiedono. Quante volte abbiamo fatto la stessa preghiera, Gesù ti chiedo che tu faccia questo per me. Come se Gesù mi serve per i miei scopi, i miei interessi, sembra che la fede diventi uno strumento al mio servizio.

«Che cosa volete che io faccia per voi?», questa la risposta di Gesù, disponibile all’ascolto, al dialogo. Poteva liquidarli bruscamente, dicendo che ha altro a cui pensare, che aveva impegni più urgenti che pensare a loro, stava andando a morire in croce. Invece si apre al dialogo. Ecco la richiesta: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Una domanda di grandezza, di affermazione rispetto agli altri, di ricevere un potere. Una domanda deludente, forse al momento in cui hanno risposto alla chiamata lungo le rive del lago avevano immaginato una vita di successo, di poter diventare qualcuno che vale. Una richiesta autocentrata, stare in trono, avere gloria. Ancora non sanno che la vera gloria di Gesù avverrà quando sarà glorificato, innalzato sulla croce, questa sarà il suo trono. A volte si può lasciare tutto per una scelta vocazionale e non aver capito chi stiamo seguendo e dove stiamo andando, poiché cerchiamo ancora successo e gloria.

Ecco che Gesù li accompagna nel dialogo a riflettere: “Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?” La proposta di Gesù è quella di condividere con Lui tutto. Di accettare un calice che non sceglieranno, di immergersi in una vita nuova. Qualcun Altro ha preparato il Calice e chiede di intraprendere strade nuove. Senza saperlo chiedono di essere a destra e sinistra della croce, chiedono di morire come i due ladroni. In realtà stanno chiedendo di soffrire con Gesù. Lo possiamo, rispondono, certo lo berrete, seguirete anche voi lo stesso percorso. Ma ciò che chiedete non lo decide Gesù da solo ma con il Padre e lo Spirito.

L’atteggiamento degli altri 10 che si indignano nasce dal fatto che forse anche loro avevano lo stesso desiderio di raggiungere un posto di potere. Registriamo che tra gli apostoli c’è una conflittualità, infatti quando si cerca il proprio interesse e non quello della chiesa, quando si afferma se stessi e si va alla ricerca di una propria affermazione allora ecco le divisioni e i conflitti. Quella dei discepoli è l’antica tentazione che serpeggia nel cuore di tanti, ambire al potere, al dominare sugli altri, una supremazia personale. Spesso la ritroviamo anche in coloro che hanno scelto di seguire Gesù.

Terzo punto: dopo il dialogo e il discernimento Gesù dona una Parola che chiarisce come essere Chiesa. I potenti dominano ecc. Tra voi non e’ cosi’.

Mette a fuoco la differenza cristiana, presenta una distanza sostanziale tra lo stile del mondo e quello dei suoi, della Chiesa. Se gli altri dominano voi no. Alla Chiesa è chiesto di stare al fianco delle persone, non al di sopra, al di sotto, ai piedi. Se gli altri opprimono, noi dobbiamo risollevare. La Chiesa ha scritto pagine di storia straordinarie quando ha avuto la capacità di mettersi al servizio, mentre ha scritto pagine scandalose quando ha voluto opprimere l’uomo.

Gesù accetta che vi sia un primato, che ci sia un potere ma sarà il potere dell’amore, del servire, del dare la vita radicalmente, capovolge le idee di potere dell’uomo. Unico potere sarà quello dell’amore. Chi di voi vuole essere il primo si faccia servo di tutti, non solo dei giusti ma di tutti. Anche servi dei malfattori. Il Maestro non chiede ai suoi di soffocare il desiderio di essere primi, ma trasformare questo desiderio nell’essere primi ad amare.

A volte nella Chiesa ci viene affidato un servizio che col tempo rischia di trasformarsi in potere, e di conseguenza accade quello che racconta il Vangelo: divisioni, incomprensioni, malumori. Cresce un veleno nella comunità che si insinua tra tutti e porta lacerazioni. Papa Francesco nel documento EG ci metteva in guardi contro certe guerre che possono sorgere all’interno della chiesa: “Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa. Che tutti possano ammirare come vi prendete cura gli uni degli altri, come vi incoraggiate mutuamente e come vi accompagnate: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri»” (Gv 13,35).

L’invito di Gesù ai suoi e a tutti coloro che lo seguiranno è lo stesso invito del Sinodo di abbandonare i personalismi, gli individualismi e far crescere il “noi” della Chiesa.

Quarto punto: Sono venuto per servire. Gesù si pone come modello del cammino di ciascuno e della chiesa. Questa affermazione ci disorienta, Dio al nostro servizio, Dio che dona la vita, Dio che non usa poteri per dominarci ma per amarci.

Gesù afferma che il figlio dell’uomo è venuto per servire, se non serviamo, ditemi, ma a che serviamo?

Anche nella prima lettura il profeta Isaia annunzia che il Servo sofferente, “Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo.” La discendenza, la vita è generata dal sacrifico di sé. Chi si dona, chi perde se stesso, genera. C’è una forza di salvezza, un potere nascosto dietro la sofferenza. Gesù pur avendo un potere divino con cui esercitare una affermazione di sé, sceglie la strada del porsi al servizio, del dare la vita. Sembra una logica perdente, ma per Gesù diventa la strada maestra, anche se causa disprezzo ed emarginazione.

Papa Francesco al Convegno di Firenze ha indicato lo stile sinodale attraverso tre parole: Umiltà, disinteresse e beatitudine. “Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal potere. Se la chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso. Una Chiesa che pensa a se stessa e ai propri interessi sarebbe triste”.

Concludo con le parole della seconda lettura, la lettera agli Ebrei: “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno”.

Preparatevi alle sorprese”, così Papa Francesco si è rivolto alla diocesi di Roma. Si, quando ci apriamo allo Spirito Lui ci sorprende.

Con le stesse parole del Consiglio Permanente della CEI: Auguro a tutti e a ciascuno fantasia e creatività, animate dall’amore, per pensare modi, luoghi e tempi nuovi per incontrare ed ascoltare tutti.

Maria nostra Madre e i nostri Santi patroni, San Panfilo, San Pelino e San Pietro Celestino, ci guidino con la loro protezione.

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