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Nuovi battezzati per la Chiesa diocesana: il segno di una chiesa viva e attenta alla voce dello Spirito.

Una degli elementi più suggestivi della Veglia pasquale è certamente il congedo che il diacono, o il sacerdote, fa alla fine della celebrazione. Egli, infatti, così proclama: Portate a tutti la gioia del Signore risorto. Andate in pace. Alleluia, alleluia.

Tale conclusione è da pensare non tanto come una bella formula che mette il punto finale ad un altrettanto bella liturgia, ma è il segno tangibile sia che essa è stata fruttuosa per chi l’ha vissuta, sia dell’effettivo saluto performativo del Cristo risorto ai suoi discepoli riuniti nel Cenacolo. Infatti, se da una parte si devono riportare queste parole alle apparizioni del Cristo risorto dall’altra si riferiscono allo stesso atteggiamento, da parte della comunità che celebra, dei primi cristiani che hanno raccontato le loro gesta nel libro degli Atti degli Apostoli, protagonista importante del tempo pasquale stesso.

Detto ciò, allora, è importante chiedersi: la gioia da vivere e testimoniare è un semplice sentimento da vivere oppure uno stato di vita che scaturisce da un dono ricevuto e che perciò siamo chiamati a custodire per poterlo testimoniare? Per rispondere a questa domanda dobbiamo rientrare, seppur idealmente, alla celebrazione che abbiamo vissuto. Infatti, nell’unica celebrazione si è potuto vivere diverse liturgie e, tra queste, quella battesimale. La Veglia pasquale è madre di tutte le veglie perché, nel nome di Cristo morto e risorto, si rinnovano le promesse battesimali e perciò si battezzano nuove persone passando dallo status di catecumeni a quello di neofiti. Tale azione liturgica, negli adulti, è chiamata Iniziazione cristiana poiché, insieme, vengono conferiti il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia.

Questa gestazione di nuovi figli, segno della femminilità e della maternità della Chiesa, ha quest’anno caratterizzato la celebrazione liturgica della parrocchia di San Francesco di Paola in Sulmona. Infatti, due giovani, Majlinda e Adriatik, pronunciando il loro assenso di fede –mediante la parola semplice ma incisiva del “credo”- sono stati battezzati e perciò accolti nella comunità ecclesiale. A presiedere il rito sacro è stato lo stesso vescovo di Sulmona-Valva, mons. Michele Fusco, in quanto Ordinario del luogo e segno visibile dell’unità ecclesiale.

Dalla presenza del Vescovo, perciò, il significato battesimale dell’appartenenza alla comunità ecclesiale e perciò alla nuova dignità umana. Dalla rigenerazione materna della Chiesa scaturisce la partecipazione familiare alla comunità di fede. Dalla professione dell’unica fede nel Cristo morto e risorto, l’unità del corpo mistico di Cristo, la Chiesa. Dalla gioia di un evento celebrato, alla testimonianza quotidiana di uno stato gioioso di vita permanente che caratterizza l’identità del discepolo battezzato.

Ecco, allora, che l’evento di sabato scorso è stato un toccasana per tutta la comunità. Per i neofiti, ormai giunti alla professione della vera fede; per la comunità che ha accolto e perciò rinnovato i propri impegni battesimali; per la Chiesa perché si è arricchita di nuovi figli; per il mondo intero perché ha visto un fatto nuovo e perciò sorprendente. 

A tutti, perciò, l’augurio più bello per continuare a vivere nella verità del Vangelo di Cristo e nella fedeltà agli impegni battesimali, caparra per entrare e vivere il Cielo.

don Giacomo Tarullo