La Visita del Vescovo Michele nella Diocesi
UN PO’ DI STORIA Sin dalle origini del cristianesimo la visita pastorale è ritenuta un dovere del ministero pastorale, una prassi della Chiesa antica, che può ravvisarsi in nuce in alcune lettere pastorali di San Paolo (la prima e la seconda Lettera a Timoteo e la Lettera a Tito). L’usanza da parte dei vescovi o dei loro rappresentanti (nel medioevo gli arcidiaconi) di visitare le singole parrocchie s’incontra dal IV sec. nelle Chiese orientali e dal VI sec. nella Chiesa cattolica romana, ma le prime indicazioni scritte relative all’obbligo annuale della sacra visita risalgono al Concilio di Tarragona del 516 e fra i primi resoconti vi è quello di Oddone di Rigaud (XIII sec.), arcivescovo di Rouen (Francia), il Regestum Visitationum Archiepiscopi Rothomagensis, fino a divenire frequenti nei documenti pontifici e conciliari. Solo con il Concilio di Trento (1545-1563) venne ristabilito l’obbligo orami caduto in disuso per i vescovi, o loro incaricati, di compiere visite pastorali ogni anno oppure ogni due, qualora la diocesi fosse stata particolarmente estesa, ma il dettame conciliare fu raramente rispettato, nonostante l’ampia applicazione, come dimostra la celebre visita pastorale di Carlo Borromeo a Milano. Fu Trento, dunque, che disciplinandola e rendendola regolare la rese uno strumento per il rafforzamento della vita e della disciplina religiosa, grazie alla sua diffusione capillare e generalizzata nel mondo cattolico.Il Concilio Vaticano II, oltre a precisare maggiormente il significato della visita pastorale, stabilisce che il vescovo è tenuto a visitare la diocesi personalmente, o in caso di impedimento, per mezzo di un procuratore, almeno in parte ogni anno e per interno ogni cinque anni, sottolineando maggiormente la dimensione pastorale dell’episcopato, come indicato nel decreto Christus Dominus (sulla missione pastorale dei Vescovi) e in vari documenti inerenti la visitatio: «nella sua Visita pastorale alla parrocchia, lasciato ad altri delegati l’esame delle questioni di carattere amministrativo, il Vescovo privilegi l’incontro con le persone, a cominciare dal parroco e dagli altri sacerdoti»; «la visita pastorale è pertanto un’azione apostolica che il Vescovo deve compiere animato da carità pastorale che lo manifesta concretamente quale principio e fondamento visibile dell’unità nella Chiesa particolare».6 Il Codice di diritto canonico del 1983, al canone 396, riprende le indicazioni del Concilio Vaticano II e prevede che «il vescovo è tenuto all’obbligo di visitare ogni anno la diocesi, o tutta o in parte, in modo da visitare tutta la diocesi almeno ogni cinque anni, o personalmente, oppure, se legittimamente impedito, tramite il vescovo coadiutore, o l’ausiliare, o il vicario generale o episcopale, o un altro presbitero». Una curiosità: nella diocesi di Roma, per via del fatto che il suo vescovo è il papa, la visita pastorale assume il nome di “visita apostolica”. L’ultima visita apostolica nella Città eterna è stata indetta da papa Pio X nel 1904.