Un meraviglioso Poliedro: celebrata la 60° giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.
«Un meraviglioso poliedro (Christus vivit 207)»: è questo il tema scelto per guidare la giornata vocazionale di quest’anno e che la nostra chiesa di Sulmona-Valva ha accolto per animare la veglia vocazionale che si è tenuta il 27 aprile presso la Basilica cattedrale di San Panfilo in Sulmona, in occasione dei festeggiamenti in onore dello stesso patrono San Panfilo.
Con l’immagine del poliedro, papa Francesco racconta ai giovani l’essenza e la vocazione della Chiesa, imparando gli uni dagli altri a tessere quella rete di relazioni tra le persone nella quale lo Spirito riversa i suoi svariati doni. L’intento è di richiamare l’attenzione sulla reciprocità delle diverse vocazioni nella Chiesa. È nel dialogo con Gesù, in ascolto della sua Parola, che la nostra vita assume i tratti della vocazione. Quando ciò che stiamo vivendo si accoglie in compagnia e nello Spirito di Cristo, quando le scelte si rischiano nell’amicizia con Gesù, allora si intraprende l’esistenza come una risposta riconoscente all’amore che ci ha sorpresi e destati.
È stato questo lo spirito che ha animato la veglia: un invito a pensare nuovamente alla nostra vita come una vocazione, un modo di seguire il Signore a servizio della Chiesa e per la costruzione di un mondo più giusto. Si é trattato di un invito alla preghiera per tutta la comunità cristiana e soprattutto per i giovani stessi, come il nostro vescovo Michele ci ha richiamati. La preghiera e il fascino percepito davanti ai testimoni rendono possibile un’accoglienza positiva della paura, così da lanciarsi in scelte coraggiose sullo stimolo interiore dello Spirito Santo.
L’Esortazione Apostolica post-sinodale rivolta ai giovani e a tutto il popolo di Dio, ci insegna che: «La pastorale non può che essere sinodale, vale a dire capace di dar forma a un “camminare insieme” che implica una valorizzazione dei carismi che lo Spirito dona secondo la vocazione e il ruolo di ciascuno dei membri della Chiesa attraverso un dinamismo di corresponsabilità. In questo modo, imparando gli uni dagli altri, potremo riflettere meglio quel meraviglioso poliedro che dev’essere la Chiesa di Gesù Cristo».
Ogni vocazione riflette qualcosa del mistero di Cristo e della ricchezza dei doni dello Spirito che sono nella Chiesa: la reciprocità e la comunione delle vocazioni esprimono a pieno il mistero della comunione ecclesiale, facendo risplendere per il mondo la bellezza di Cristo.
La veglia ha avuto come cuore centrale l’adorazione eucaristica con le preghiere e le riflessioni proposte dall’Ufficio nazionale di pastorale vocazionale, divenendo così espressione di sinodalità a tutto campo.
La presenza, in cattedrale, di noi seminaristi, delle religiose, dei presbiteri e dei diaconi permanenti, così come degli associati delle diverse realtà associative presenti in diocesi ha permesso di toccare con mano la poliedricità della Chiesa e perciò della chiamata alla sinodalità.
Antonio Carozza e Vittorio Lanzillotta.
(di seguito la riflessione del vescovo Michele inserita nel momento preghiera)
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Chiamati a essere un solo corpo, tutti abbiamo ricevuto la vocazione a essere parte di questo corpo che è la chiesa e la missione ad annunciare il Vangelo.
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Chiamati nella reciprocità. Siamo tutti discepoli in stretta relazione col Maestro e tra di noi. Ciascuno però ha una chiamata diversa secondo la propria condizione, consacrati, laici, sacerdoti, missionari, religiosi, diaconi, sposati ecc.
Accogliendo le parole di Papa Francesco in occasione del messaggio per la 60° giornata mondiale di preghiera per le vocazioni si deve dire che la chiamata del Signore è grazia, è dono gratuito, e nello stesso tempo è impegno ad andare, a uscire per portare il Vangelo.
Animato dallo Spirito, il cristiano si lascia interpellare dalle periferie esistenziali ed è sensibile ai drammi umani, avendo sempre ben presente che la missione è opera di Dio e non si realizza da soli, ma nella comunione ecclesiale, insieme ai fratelli e alle sorelle, guidati dai Pastori. Perché questo è da sempre e per sempre il sogno di Dio: che viviamo con Lui in comunione d’amore. Siamo stati creati dall’Amore, per e con amore, e siamo fatti per amare.
Nel corso della nostra vita, questa chiamata, inscritta dentro le fibre del nostro essere e portatrice del segreto della felicità, ci raggiunge, per l’azione dello Spirito Santo, e in maniera sempre nuova ci riempie di stupore e fa ardere il nostro cuore. A volte addirittura irrompe in modo inaspettato.
Pensate a una ragazza che a 12 anni rimane orfana della mamma, a 15 anni scappa di casa per entrare in convento contro la volontà del padre. A una quarantina d’anni, dopo più di venti da monaca, viene accusata di essere indemoniata: le viene vietata la solitudine e addirittura lo possibilità di fare la Comunione; pensate a questa donna che soffrirà sempre di problemi di stomaco, emicranie fortissime, dolori al cuore e molte altre malattie. Accusata e condannata ingiustamente tra invidie e gelosie, verrà anche incarcerata. Ostacolata nei tentativi di riforma che voleva mettere in atto. E in mezzo a questo caos e dolore scrive: «Nulla ti turbi, nulla ti spaventi; Tutto passa, solo Dio non cambia».
Pensate a un giovane che si spoglia di tutto e lascia una vita agiata per seguire Cristo e sposare Madonna Povertà; dopo anni di privazioni e fatiche si ritrova malato, spossato, spesso incompreso, a volte osteggiato anche da coloro che l’hanno seguito. E lì scrive una preghiera straordinaria con la quale ringrazia Dio per tutta la creazione, lodando addirittura la morte. E lì spiega che perfetta letizia non è ottenere grandi successi ma accettare l’incomprensione, il rifiuto, le avversità con la serenità che in Dio anche il male si può volgere in bene.
Pensate a un ragazzino che scopre di essere affetto da una malattia grave; che un po’ alla volta capisce che da questa malattia non guarirà e la sua vita si interromperà prima della fine dell’adolescenza. Di fronte alla prospettiva ormai certa di perdere tanti sogni e promesse che certamente la vita gli riservava, non la rabbia e il rancore che ci aspetteremo ma serenità e pace. «La felicità è lo sguardo rivolto verso Dio. La tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi», scrive. E il suo sguardo è sempre verso Dio, quindi sempre felice. Santa Teresa d’Avila, san Francesco d’Assisi, il beato Carlo Acutis (ma la lista potrebbe continuare quasi all’infinito) hanno saputo incarnare in modo straordinario questo Vangelo. La fantasia di Dio che ci chiama è infinita, e da questa la missione. Citando ancora papa Francesco, l’iniziativa di Dio attende la nostra risposta. Il dono della vocazione è come un seme divino che germoglia nel terreno della nostra vita, ci apre a Dio e agli altri per condividere con loro il tesoro trovato. Dio chiama amando e noi, grati, rispondiamo amando. La chiamata di Dio include l’invio. Non c’è vocazione senza missione. E non c’è felicità e piena realizzazione di sé senza offrire agli altri la vita nuova che abbiamo trovato. La chiamata divina all’amore è un’esperienza che non si può tacere. “Quello che abbiamo udito, veduto, contemplato e toccato – cioè il Verbo fatto carne – noi lo annunciamo anche a voi perché la nostra gioia sia piena” (cfr Gv 1,1-4).
La missione comune a tutti noi cristiani è quella di testimoniare con gioia, in ogni situazione, con atteggiamenti e parole, ciò che sperimentiamo stando con Gesù e nella sua comunità che è la Chiesa. E si traduce in opere di misericordia materiale e spirituale, in uno stile di vita accogliente e mite, capace di vicinanza, compassione e tenerezza, controcorrente rispetto alla cultura dello scarto e dell’indifferenza.
Quest’azione missionaria non nasce semplicemente dalle nostre capacità, intenzioni o progetti, né dalla nostra volontà e neppure dal nostro sforzo di praticare le virtù, ma da una profonda esperienza con Gesù.
Solo nella relazione con tutte le altre, ogni specifica vocazione nella Chiesa nasce pienamente con la propria verità e ricchezza. In questo senso, la Chiesa è una sinfonia vocazionale, con tutte le vocazioni unite e distinte in armonia e insieme “in uscita” per irradiare nel mondo la vita nuova del Regno di Dio.
Lo Spirito del Signore risorto ci scuota dall’apatia e ci doni simpatia ed empatia, per vivere ogni giorno rigenerati come figli di Dio Amore (cfr 1Gv 4,16) ed essere a nostra volta generativi nell’amore: capaci di portare vita ovunque, specialmente là dove ci sono esclusione e sfruttamento, indigenza e morte. Così che si allarghino gli spazi dell’amore e Dio regni sempre più in questo mondo.