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Solenne apertura dell’anno giubilare in diocesi

Omelia di Mons. Fusco in occasione della solenne apertura dell’anno giubilare in diocesi:

Spes non confundit. “La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). La speranza scaturisce dalla profonda esperienza che ciascuno di noi ha fatto dell’Amore di Dio, dal sentirsi amati dal Signore, dal fare esperienza quotidiana del volto crocifisso per amore che continua a dire a ciascuno: perché ti amo ho disteso le braccia sulla croce. La speranza si nutre di amore, relazioni autentiche che in ogni momento costruisco nel dono di me ai fratelli e alle sorelle. La speranza cresce e si sviluppa quando siamo docili all’azione della grazia di Dio e aperti alla vita dello Spirito Santo.  

 

Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo invita tutta la Chiesa con queste parole: “Dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata, e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante”… “Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé. L’imprevedibilità del futuro, tuttavia, fa sorgere sentimenti a volte contrapposti: dalla fiducia al timore, dalla serenità allo sconforto, dalla certezza al dubbio. Incontriamo spesso persone sfiduciate, che guardano all’avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire loro felicità. Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza”.

 

Il Vangelo ascoltato ci presenta un cammino di speranza, ci narra del pellegrinaggio che Maria e Giuseppe insieme con Gesù fanno a Gerusalemme. La Santa Famiglia, secondo le consuetudini del tempo quando Gesù ha 12 anni, intraprende questo pellegrinaggio a Gerusalemme. Due genitori in cammino con il loro figlio, Lui è il Figlio di Dio, la speranza fatta carne, che condivide il cammino con i suoi genitori verso una meta significativa: Gerusalemme. Non c’è cammino o pellegrinaggio più autentico se non quello di avere tra noi la presenza della Speranza viva che è Gesù. Ogni cammino cristiano, ogni percorso di fede è vero quando avvertiamo che Lui il nostro Salvatore è in mezzo a noi. Un cammino che può avere dei momenti di solitudine ma che avviene sempre in una famiglia, la famiglia dei figli di Dio, la comunità dei fratelli che condividono la stessa fede. Ogni cammino ha poi sempre una meta non vagliamo nell’incertezza abbiamo una meta chiara la Gerusalemme celeste. Non si cammina vagabondando, senza un obiettivo e senza  un fine, una meta dove arrivare.      

 

“Il pellegrinaggio, dice il Papa,  esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Il pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità  . . . la contemplazione del creato e delle opere d’arte permetterà di fare tesoro di esperienze e culture differenti, per portare dentro di sé la bellezza che, armonizzata dalla preghiera, conduce a ringraziare Dio per le meraviglie da Lui compiute. Le chiese giubilari, (lungo i percorsi e nell’Urbe,) potranno essere oasi di spiritualità dove ristorare il cammino della fede e abbeverarsi alle sorgenti della speranza, anzitutto accostandosi al Sacramento della Riconciliazione, insostituibile punto di partenza di un reale cammino di conversione”.

 

Non manca per Maria e Giuseppe lo sconforto, l’angoscia, quando si accorgono che Gesù non è con loro. Essi vivono un tempo di disorientamento, vacilla la speranza, Colui che da senso e significato alla loro vita non è con loro. Nasce allora la ricerca affannosa tra i parenti, nella famiglia, nella carovana, un tempo di ansia. Un cammino di un padre e di una madre colmo di preoccupazioni, di lacrime, fino a ritornare a Gerusalemme quando lo ritrovano seduto in mezzo ai maestri, per assolvere la missione del Padre suo quella di essere luce per tutti, non solo per i suoi. Allora Maria e Giuseppe si rianimano, l’angoscia si placa, la speranza si riaccende con la presenza di Gesù. Non comprendono tutto ciò che è accaduto, ma ogni avvenimento e parola la custodiscono nel cuore, la portano con se nel silenzio dell’anima sicuri che il Signore parla in ogni circostanza.

 

Quante volte viviamo un tempo di disorientamento, di smarrimento. A volte diamo la colpa a qualcuno, pensiamo che sia a causa di quello o di quell’altro, procediamo col volto triste, immersi nel buio, scoraggiati e stanchi, senza accorgerci che forse abbiamo smarrito Gesù, la nostra speranza, abbiamo perso il senso del nostro pellegrinaggio, abbiamo forse smarrito la meta per cui stiamo camminando. Restiamo spesso soli nel nostro mondo senza via di uscita. Il Giubileo vuole rimettere le ali ai nostri piedi, ci invita a riprendere il cammino a metterci ogni giorno alla ricerca di Gesù, perché sia sempre tra noi, poiché senza di lui non possiamo vivere, ci manca l’ossigeno, non abbiamo forza per raggiungere la meta,  ci manca l’energia della Sua Parola che ci fa ardere il cuore.

 

Abbiamo bisogno di una Comunità di fratelli di Figli di Dio che, come dice San Giovanni nella seconda lettura, hanno conosciuto il Signore, hanno fatto esperienza del suo amore e ci possono risollevare, abbracciare, rianimare e riprendere di nuovo a sperare. Così credendo nel suo nome e nel suo amore rimanere in Dio che ci dona lo Spirito santo.

 

“È infatti lo Spirito Santo, con la sua perenne presenza nel cammino della Chiesa, a irradiare nei credenti la luce della speranza: Egli la tiene accesa come una fiaccola che mai si spegne, per dare sostegno e vigore alla nostra vita. La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? […] Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati”.

 

Carissimi fratelli e sorelle amati dal Signore, iniziamo questo Giubileo della speranza mettendoci in cammino, “per tutti, possa essere un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, «porta» di salvezza”. (cfr. Gv 10,7.9);

 

Siamo invitati a riscoprire chi è veramente la nostra speranza, qual è la fonte della nostra speranza, in chi abbiamo posto la fiducia? Negli uomini, nelle nostre risorse, nelle nostre sole forze personali? Lo sappiamo prima o poi tutto ciò può venir meno, potranno esaurirsi le nostre risorse e allora potrebbero esserci situazioni di smarrimento.

 

Coraggio, non temete, sono le parole che la liturgia in questo tempo di Natale spesso ci ha fatto ascoltare, il Signore continua a ricordarci che è sempre con noi ed è la nostra unica speranza, l’unica ancora a cui fissare la nostra barca tra le tempeste di questo tempo non sempre facile.   

In questo Giubileo saremo pellegrini verso Roma, verso la nostra Cattedrale luogo giubilare, ma soprattutto vorrei che fossimo pellegrini presso la porta di ogni cuore e donare consolazione, amore, speranza a tanti. Vorrei investire tutti voi qui presenti di un mandato: di essere ambasciatori di speranza, così da riscaldare il cuore di ciascuno con il fuoco e la carezza della speranza. Siete mandati per trasmettere a tanti l’annuncio più bello della presenza di Gesù in mezzo agli uomini e narrare a tutti che Gesù è la nostra speranza, solo in Lui troviamo la vera gioia, tutto passa, Lui resta sempre.

 

Nel cammino giubilare ci accompagni Maria nostra madre, i nostri Santi patroni Panfilo e Pelino e San Pietro del Morrone, Celestino V, che volle per primo nel 1294 concedere la grande “perdonanza” a coloro che si recavano il 28-29 agosto nella Basilica di Collemaggio.


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