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L’ Azione Cattolica Diocesana in udienza da Papa Francesco

22 aprile 2023 Roma, Piazza San Pietro.

Le parole più adatte per descrivere quanto è rimasto nei nostri cuori di questo pellegrinaggio non sono mie ma della stessa Armida e sono tratte dai sui Scritti personali:

“O Gesù, quello che ho, quello che sono, eccolo. La mia attività tutta intera prendila nella tua e fai con essa l’opera della tua gloria. Dimmi quello che vuoi, lo vorrò pure io; mandami dove vuoi, ci volerò; caricami di lavoro, mi ci dedicherò interamente con gioia; il dolore stesso (con la tua grazia) lo trasformerò in amore”.

Tutto il nostro vissuto di questa giornata è ben rappresentato dall’intima preghiera della Barelli: a partire dalle parole del nostro Pontefice spese a ricordo del primo anno dalla sua beatificazione, e poi di quelle dell’Arcivescovo di Milano, Mario Delpini, dalla visita al Centro Nazionale di Azione Cattolica e infine dalla calorosa accoglienza che ci hanno rivolto le suore del Convento di Santa Madre Teresa di Calcutta al Celio.

In Primis Papa Francesco ci ha fatto cogliere i molteplici aspetti positivi della nostra sorella maggiore, anticipatrice dei tempi; donna che, ben prima del Concilio Vaticano II°, aveva ricercato e messo in pratica con caparbietà quello “stile comunitario in cui donne e uomini, giovani e adulti, laici e sacerdoti, collaborano insieme per il fine apostolico della Chiesa, tutti insieme protagonisti della stessa missione in virtù del Battesimo” ricercando per la figura femminile quel ruolo attivo e procreativo al quale Nostro Signore l’ha destinata in maniera complementare all’uomo e che spesso la prassi umana ha dimenticato di applicare.

Nel 1917 la fondazione della Gioventù femminile cattolica italiana rappresenta un punto di svolta nel percorso del cattolicesimo femminile italiano, nella storia di Azione Cattolica e della nazione stessa; rappresenta altresì un punto di svolta nella storia della stessa Armida: da quel suo dire all’allora card. Andrea Carlo Ferrari, arcivescovo di Milano, e poi al Pontefice Benedetto XV, sente di non appartenersi più, di dover fare della propria esistenza un dono per gli altri, di essere lei stessa una missione, al di là dei suoi limiti e delle sue imperfezioni; sente di aver fatto propria e aver incarnato, tanti anni prima della “Evangelii Gaudium”, la gioia di accogliere e vivere il Vangelo nella propria vita, la gioia di essere essa stessa Vangelo, una Parola che continua ad essere scritta negli uomini e con gli uomini da Nostro Signore.

Armida generatrice ed apostola, Armida che sente di essere tralcio e che intende continuare a comunicare, anche oggi, questo suo desiderio di rimanere ben innestata nella vite, Gesù; lo comunica alle nostre comunità ecclesiali, alla nostra associazione. Accogliamo l’esortazione della beata Armida, ci invita papa Francesco, la sorella maggiore, ad amare, amare, amare; amare senza misura, rigenerati dall’amore di Dio, che trasforma la vita delle persone, in modo concreto e credibile, e attraverso le persone attiva processi e percorsi di rinnovamento sociale.

Nell’omelia dell’Arcivescovo Delpini la figura della Beata è ancor più attualizzata, calata in questa “tempesta” che caratterizza i nostri giorni, in cui le “liti” in fondo sono le stesse di quelle che caratterizzavano le prime comunità cristiane; ma è proprio in queste tempeste che «Lo Spirito di Dio contrasta il demone della malinconia e dello scontento e suscita i santi perché la faticosa navigazione della fragile barca porti a compimento la navigazione. La storia dell’Azione Cattolica e della Università Cattolica racconta di come la Beata Armida abbia interpretato il suo tempo, la sua vocazione e la sua missione».

E allora eccola di nuovo questa sorella maggiore continuare, oggi, a rendere lieve quell’aggettivazione che spesso sembra essere un vincolo, una zavorra: cattolica, no! Armida ci dice, con il suo esempio di corresponsabilità del laicato, che quell’essere cattolico è al contrario uno slancio oltre le inadeguatezze e una proiezione su nuove forme di partecipazione alla missione.

Quello slancio e quello studio continuo di nuove forme di partecipazione che viene con costanza portato avanti nel Centro Nazionale di Azione Cattolica che è stata, dopo piazza San Pietro, la seconda tappa del nostro pellegrinaggio, dove siamo stati accolti in maniera tale da farci sentire davvero membri di una grande famiglia e dove abbiamo avuto modo di ristorarci fraternamente e vivere un momento di comunione e agape.

Nel Centro abbiamo avuto la possibilità di visitare i luoghi simbolo della nostra associazione proprio a partire dalla Sala Armida Barelli dove si riunisce il Consiglio Nazionale di Azione Cattolica, la Sala Rosario Livatino, la Cappella dei Santi e dei Beati, la Chiesa della Domus Mariae dedicata a Maria Immacolata, dove è conservata la reliquia della Beata; e poi la sala riunione della Presidenza Nazionale e i diversi uffici dove vengono sviluppate le proposte che nelle nostre diocesi e nelle nostre comunità parrocchiali siamo chiamati ad interpretare e comunicare agli associati; non poteva mancare, al termine della visita, un momento di preghiera e riflessione dinanzi alla lapide dedicata a Vittorio Bachelet.

Certamente aver vissuto questa vicinanza con i luoghi dove nascono le nostre guide, i percorsi formativi, proprio lì dove vengono stampati i materiali che ci supportano, ha rinnovato in noi il desiderio di impegnarci e perseguire il nostro fine apostolico. Di questo ringraziamo i responsabili del Centro nazionale: la Presidenza Diocesana e la Consigliera nazionale per il settore giovani Maria Chiara Carrozza che ci ha fatto da guida.

Momento conclusivo e allo stesso tempo compendio del nostro vissuto in questa giornata è stata la visita al Convento delle Suore di Santa Madre Teresa di Calcutta al Celio che, in realtà, non è stata solo una semplice visita bensì una vera esperienza spirituale; credo di non sbagliare nel dire che dal colloquio con le suore che ci hanno accolti siamo usciti tutti in qualche maniera cambiati.

Abbiamo spesso sentito parlare di “dedicare la vita al Signore”, di “fare spazio al Signore”, della necessità di “confrontarsi ed essere testimoni credibili” della nostra fede; spesso parole che ascoltiamo ma forse non afferriamo del tutto; ma come cambia la nostra prospettiva e come cambiamo noi, quando queste parole diventano concretezza dinanzi a noi… queste suore che hanno lasciato tutto, i loro affetti più cari, privandosi di ogni cosa per portarsi allo stesso livello delle persone a cui dedicano la loro assistenza quotidiana e poterle comprendere fino in fondo.

Le suore di Carità che si sono chinate anche su di noi, sulla nostra esistenza piena di tante cose che erroneamente riteniamo utili ma che in realtà ci impediscono di concentrarsi sull’essenziale, la cura dei nostri fratelli, ci hanno ricordato, nella loro semplicità, che tante privazioni di cose materiali non vanno vissute come un impoverimento ma al contrario, insieme alla crescita spirituale, ci consentono di ritrovare la Verità nelle relazioni, e questa non è un inganno! questa sì che ci riempie e ci disseta; questo loro invito a comprendere come, nella nostra vita, “tutto ciò che non è utile, è d’inciampo”, togliendoci tempo per la preghiera; questo loro invito a comprendere che anche noi dovremmo tornare a riconoscere il Signore come il Vero Autore della nostra vita, sentirci “matita nelle mani del Signore” proprio come Madre Teresa e, in fondo, come la stessa Armida!

Ecco allora, come questo pellegrinaggio, nel riconoscere l’ideale abbraccio tra queste figure esemplari, può assumere un senso profondo e può davvero aiutarci nella santificazione delle nostre vite, a darci il giusto coraggio per continuare a pronunciare quella parolina così piccola ma alle volte così difficile da far uscire, non tanto dalle nostre labbra, ma dai nostri cuori: SI’, a te Signore.

Grazie Signore di averci donato queste “madri” e queste “sorelle maggiori” che fanno risplendere la Tua luce e in cui non facciamo fatica a riconoscerTI.

 

Fabrizio De Berardinis – A.C. Pratola Peligna