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DALLA FRAGILITÀ ALLA SPERANZA: IL MESSAGGIO DEL VESCOVO PER IL VENERDÌ SANTO

La solenne e tradizionale processione del Venerdì Santo di Sulmona è stata arricchita anche quest’anno, come è consuetudine, dalla riflessione offerta dal Vescovo di Sulmona-Valva, Mons. Michele Fusco.

Al centro del suo intervento, il Vescovo ha posto la figura di San Pietro e il suo rinnegare Gesù: un momento di umana fragilità che, tuttavia, si trasforma in un potente messaggio di speranza e rinnovamento.

Monsignor Fusco ha ricordato le parole di Pietro durante l’Ultima Cena: “Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò” (Mc 14, 31), sottolineando come, nonostante l’entusiasmo e la sincerità di Pietro, egli non fosse pienamente consapevole della propria debolezza.

Il Vescovo ha guidato i fedeli attraverso le fasi cruciali del racconto evangelico, dal Getsemani all’arresto di Gesù, fino al rinnegamento nel cortile del Sommo Sacerdote. Un momento particolarmente toccante è stato il riferimento allo sguardo di Gesù su Pietro dopo il canto del gallo: “Allora Pietro si ricordò della parola di Gesù che aveva detto: ‘Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte. E, uscito fuori, pianse amaramente’ (Mt 26,74-75)”.

Monsignor Fusco ha evidenziato come le lacrime di Pietro rappresentino non la fine, ma l’inizio di un nuovo cammino. “Sono le lacrime di Pietro a farci leggere quel tradimento in una luce nuova”, ha affermato il Vescovo, contrapponendo il pentimento di Pietro al gesto disperato di Giuda.

Il messaggio centrale dell’intervento del Vescovo è un invito all’accoglienza della propria fragilità e alla fiducia nella possibilità di rialzarsi. “L’insegnamento più alto delle lacrime di Pietro consiste nell’accogliere e non rigettare la propria mancanza, nel non rinnegarla come invece ha rinnegato il suo Maestro”, ha sottolineato Monsignor Fusco.

Concludendo il suo intervento, il Vescovo ha esortato i fedeli a chiedere al Signore il dono delle lacrime e del pentimento, per poter rinnovare il proprio cammino di fede.

di seguito il testo completo dell’intervento del Vescovo:

« Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò » (Marco 14, 31).  Queste le parole di Pietro durante l’ultima cena quando Gesù aveva annunciato che qualcuno lo avrebbe tradito. Nel suo entusiasmo Pietro esprime con sincerità quanto aveva nel cuore, ma non era del tutto consapevole della sua debolezza, della prova a cui sarebbe stato sottoposto. Gesù gli aveva detto poco prima: «In verità, io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti tu mi rinnegherai tre volte».

Dopo l’ultima cena, insieme, vanno verso il Getsemani, e Pietro è tra quei pochi apostoli che restano con Gesù. Passa poco e Pietro con gli altri si addormentano, lasciando solo Gesù a vivere la sua agonia. Gesù si rivolge a lui dicendo: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora?» (Marco 14,37).  Arrivano i soldati per arrestare Gesù, Pietro sfodera la spada e colpisce un soldato, Gesù ancora una volta lo rimprovera: «Rimetti la spada nel fodero». Ha coraggio Pietro cerca di reagire con la forza per difendere Gesù.

Durante l’arresto Pietro con gli altri apostoli fuggono; lo ritroviamo, poco dopo, nel cortile della residenza del Sommo Sacerdote, attorno al fuoco, che segue Gesù per vedere cosa gli sarebbe accaduto. Nel cortile avviene il momento più buio della vita di Pietro, il suo rinnegamento. Mentre Gesù affronta il processo una giovane portinaia gli chiede se lui fosse il discepolo di Gesù: Pietro nega assolutamente: “Non lo sono”. Per tre volte gli viene posta la domanda e per tre volte Pietro afferma di non conoscere Gesù.

Subito dopo il canto del gallo: Gesù si volta e posa il suo sguardo su Pietro. Allora Pietro si ricordò della parola di Gesù che aveva detto: “Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte. E, uscito fuori, pianse amaramente” (Mt 26,74-75).

La notte di Pietro non è la fine del suo rapporto con Gesù, come nel caso di Giuda. Le lacrime della conversione fanno sorgere per lui una nuova alba. Pentito e purificato, potrà diventare d’ora innanzi il rappresentante visibile del Risorto, pietra di fondazione e guida della sua Chiesa.

Sono le lacrime di Pietro a farci leggere quel tradimento in una luce nuova.

Sono, dunque, le lacrime e non la parola falsa, la menzogna, il rinnegamento di Gesù, l’ultimo gesto di Pietro. Queste lacrime sono profondamente differenti dal gesto suicida di Giuda. Queste lacrime mantengono aperta una possibilità che invece l’atto del suicidio rende impossibile. Il pianto mostra invece l’umanità vulnerabile di Pietro e consente di riaprire il contatto con il suo Maestro.

In questo Venerdì Santo le lacrime di Pietro ci insegnano che è sempre possibile cadere nel baratro del tradimento, non essere coerenti con la propria parola, con la propria fede, contraddirsi, sbagliare, fallire, tradire il proprio desiderio. Ma saper cogliere la propria incoerenza, la propria contraddizione, il proprio errore, il proprio fallimento, il proprio tradimento non impedisce l’amore, ma lo fonda, lo rende possibile.

Il pianto di Pietro non mostra la fine di un amore, ma la sua ripartenza dopo la caduta. L’amore senza mancanza e senza contraddizione non appartiene alla vita umana. L’insegnamento più alto delle lacrime di Pietro consiste nell’accogliere e non rigettare la propria mancanza, nel non rinnegarla come invece ha rinnegato il suo Maestro.

Carissimi, se ci troviamo nella situazione di Pietro di aver rinnegato Gesù, nel non averlo riconosciuto come il nostro Signore e salvatore, chiediamo al Signore il dono delle lacrime, chiediamo di giungere al pentimento per rimetterci a seguire il Signore nostro Gesù Cristo. Amen.