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“Beati voi giovani che avete tempo di fare del bene”

È questo pensiero rivolto in primis ai giovani, parte dell’ampio intervento di Mons. Gualtiero Sigismondi, Assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana, che porteremo a lungo nei nostri cuori e nelle nostre menti: pensare al tempo lungo di vite ancora tutte da spendere come un tempo propizio, kairos, utile per fare del bene. Pensare poi che questo tempo è vero ed assume un significato profondo se indirizzato al Sommo Bene… cosa c’è di più bello come fare del bene ed avere tempo per realizzare i sogni degli anziani? I sogni degli anziani sono impregnati di memoria, e quindi fondamentali per il cammino dei giovani, perché sono le radici…” Nessuna età, più di quella giovanile, è idonea ai grandi ideali, ai generosi eroismi. Degli uni e degli altri gli educatori sono esploratori oltre che allenatori, chiamati a interpretare i movimenti del cuore dei giovani per riconoscervi l’azione dello Spirito santo, aiutandoli a prendere la via che Dio ha tracciato per ciascuno di loro e a scoprire la carità di Cristo “nella purezza del loro amore e nell’impegno al servizio del prossimo”.

È su questa strada, sul perseguimento di queste beatitudini, prosegue Mons. Sigismondi, che il giovane raccoglie quel mandato dalla viva voce di Nostro Signore Gesù Cristo: “Andate dunque”, invito che orienterà il cammino del nostro anno associativo.

La stessa proposta è rivolta agli educatori. Anch’essi beati quando riescono a coinvolgere senza travolgere, ad essere più testimoni che maestri, a correggere senza avvilire, ad amare senza possedere; beati anche nel pianto, nell’amarezza del momento in cui si ritroveranno dinanzi alla lunghezza e alla difficoltà della strada ma fermi nella consolazione e nella convinzione che c’è una meta fissa da perseguire e c’è una strada battuta da percorrere.

Proprio quella strada che hanno percorso i Responsabili Parrocchiali del Settore Giovani di A.C. in questa tre giorni che li ha raccolti sotto l’insegna “Segni del Tempo”; un momento formativo e progettuale che non nasce come esperienza a sé ma che si inserisce in un cammino comune che è partito dai campi estivi e che proseguirà innestato nel processo sinodale, parte importante di quei nuovi processi al cui avvio il Sommo Pontefice tiene tanto.

Comprendiamo dunque come l’incontro con Papa Francesco nella giornata del 29 ottobre, sia stato un percorso nel percorso, scandito dalle risposte a tre domande fondamentali.

La prima “Perché sei qui?” per riscoprire nel proprio intimo quella motivazione che ci ha spinto al movimento, all’uscire da sé per ritrovare nel prossimo l’amore del Signore; nel prossimo trovare la risposta alla seconda domanda “A chi dire grazie?”, ovvero quel prossimo che amiamo, del quale vogliamo il bene, e che ringraziamo per la sua presenza, semplicemente per il suo essere e per il suo esserci.

E infine l’ultima domanda “Chi ti ha mandato?” per ricordare la persona che ci ha introdotto in Azione Cattolica e poi il perché della nostra partecipazione all’evento “Segni del Tempo”. È per ritrovare il senso dell’associazione stessa che è accompagnare, farci prossimi e prenderci cura delle persone che a noi si affidano. Ma anche la bellezza di riscoprire i primi ispiratori dell’A.C., tanto lontani nel tempo quanto vicini nel sentimento: Mario Fani, Armida Barelli, Vittorio Bachelet, in fondo sono loro la risposta ultima a quella domanda “Chi ti ha mandato?”, sono proprio loro che attraverso il tempo continuano ogni giorno, con la riproposizione del loro esempio, a “mandarci” nella società a portare speranza.

L’importanza della conoscenza dei segni guida tutto l’incontro; chi meglio di Elisabetta e Riccardo potevano guidarci in questa esperienza? Una coppia esperta della lingua dei segni, collaboratori pastorali per i disabili nella diocesi di Roma. Elisabetta e Riccardo ci hanno presi per mano e, con semplicità, nel loro silenzio che si esprime in gesti, ci hanno fatto riscoprire la bellezza di parole comuni, semplici: come: buongiorno, come stai? come ti chiami? piacere di conoscerti. Parole che conosciamo, che pronunciamo tutti i giorni che, questa volta, abbiamo ascoltato ripulite dal frastuono della contemporaneità, per ritrovare la radice del senso della relazione che instauriamo con il prossimo, fino a raggiungere la radice della relazione con Dio, nell’ espressione gestuale “scendi Spirito divino su di me”.

Sempre sulla scia della riscoperta del valore dei segni, è stato il Presidente Nazionale Giuseppe Notarstefano a indicarci quali sono quelli lasciati dall’incontro: il sentirsi rigenerati dalla bellezza della nostra associazione; la consapevolezza di non essere soli, anzi viviamo in un momento di “marea montante”; il riscoprirsi “rete che nel paese opera per organizzare la speranza” e sistema di accompagnamento, di cura. Cosa ci può essere di più bello? riscoprirsi luogo in cui si esprime una vita piena, in cui il tempo diventa un’opportunità.

Tutto questo preludio alla vera apoteosi di gioia: l’incontro con Papa Francesco; la forza di queste due energie che si sono incontrate, del Santo Padre e dei giovani, ci ha pienamente travolti.

Per il Pontefice molto parte dalla Parrocchia, elemento centrale in cui si forma l’esperienza dell’incontro con Cristo, luogo di incontro dell’Azione Cattolica, luogo in cui si comincia ad acquisire e vivere quello “stile cristiano” che rimarrà sempre nella vita dell’individuo. Certamente in qualche modo andrà ripensata: si dovrà superare quel chiacchiericcio che spesso inquina le relazioni, andranno superate quelle riunioni circolari che non stimolano il nostro uscire da noi stessi per abbracciare il prossimo. Ma rimane il fatto che la Parrocchia rimane la radice della nostra fede ed è da lì che, formati anche con il supporto della nostra associazione, ripartiamo per “impastarci nel mondo”, per renderlo pane per tutti, godibile per ognuno. Questo il senso di essere lievito.

Non spaventi, continua Papa Francesco, il riscontrare la debolezza del senso comunitario; non è elemento da sottovalutare ma non è un dramma solo delle nostre parrocchie, è un problema sociale che è stato acuito dalla pandemia. Non è un mostro invincibile, al contrario è proprio contro questo “…individualismo, chiusura nel privato o in piccoli gruppetti, la tendenza a relazionarsi a distanza, virus delle comunità cristiane che bisogna reagire incominciando proprio con un lavoro su noi stessi; dico un lavoro perché è un cammino impegnativo e richiede costanza. La fraternità non si improvvisa e non si costruisce solo con emozioni, slogan, eventi… No, la fraternità è un lavoro che ciascuno fa su di sé insieme con il Signore, con lo Spirito Santo, che crea l’armonia tra le diversità”.

È con questa energia, con queste emozioni, con questa rinnovata Speranza che torniamo nelle nostre Diocesi e nelle nostre Parrocchie convinti che possiamo e dobbiamo, con l’aiuto di Nostro Signore continuare a lasciare il nostro… Segno nel tempo.

Fabrizio De Berardinis

Resp. Settore Giovani

Parrocchia Maria SS Della Libera, Pratola Peligna