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Quasi dalla fine del mondo: con Papa Francesco

Chi di noi non ha provato un sussulto quando, l’11 febbraio 2013, papa Benedetto XVI rinunciava al gravoso compito di guidare la barca della Chiesa? E a chi, ancora, non è scesa una lacrima quando l’elicottero del Santo Padre sorvolando, come per vedere un’ultima volta, Roma ha chiuso definitivamente un periodo intenso di Chiesa e di storia?

Certamente il Conclave che si aprì non era uno come tanti, non si piangeva la morte di un Papa ma la scelta coraggiosa di un uomo che ispirato dalle parole di Giovanni Battista: «bisogna che io diminuisca ed Egli cresca», ha proclamato il sermone più bello sull’amare la Chiesa mediante la Croce di Cristo. Tutto questo, allora, sicuramente è stato complice di quell’emozione che, la sera del 13 marzo, in una piazza San Pietro già uggiosa e avvolta dal fascino serale, ha investito ciascuno di noi quando il camino della Sistina tossiva un fumo via via sempre più limpido. Nessun dubbio quando, subito dopo, le campane di San Pietro hanno annunciato al mondo la lieta notizia: la Chiesa ha un nuovo Papa!

L’annuncio: card. Bergoglio col nome di Francesco. Ancor prima che il nuovo Papa si affacciasse già era nell’aria un profumo di novità. Come quel profumo di primavera, tipico di questo mese di marzo, annuncia che la natura ci sta per regalare nuovi colori e fiori, così quel nome fece capire a tutti che la Chiesa era investita da una «nuova» primavera dello Spirito.

Le parole del Papa, i suoi gesti, il chiedere la benedizione al popolo stesso, non delusero l’aspettativa del nome imposto; ma a tutto questo un devoto ricordo di chi l’aveva preceduto: papa Benedetto, la citazione implicita, «quasi dalla fine del mondo» di Giovanni Paolo II. In quell’occasione, Papa Francesco, ci fece comprendere che il vento nuovo dello Spirito si serve della storia e degli uomini per essere pienamente efficace; in altre parole, che non si può vivere l’oggi, e quindi il futuro, se non si conosce e non si apprezza chi ci ha preceduto.

Da quella prima sera, perciò, come un fiume in piena l’evento Francesco c’ha travolti; qualche volta, non nascondiamo, di non averlo compreso, capito ma sempre amato. Amato per il suo linguaggio semplice e accogliente, per quell’invito costante «Pregate per me», per quel far trasparire in lui il volto buono e accogliente di chi sa guardare il cuore piuttosto che le apparenze.

Tanti i temi trattati e i momenti vissuti. Tante le situazioni reali per vivere concretamente il Vangelo favore di chi non ha voce, di chi è solo e abbandonato. Le catechesi di Francesco sono le sue stesse azioni: semplici ma incisive. Così come Francesco d’Assisi che raccomandava ai suoi frati di predicare anche con le parole se necessario ma primariamente con i fatti: Papa Francesco cerca non solo di compierlo lui ma di insegnarlo a tutti noi. A circa un anno da quel famoso 27 marzo, in cui indisse una giornata di preghiera speciale, lo vogliamo ricordare così: quel passo greve, forse anche dolorante, ma certamente deciso a raggiungere la meta, a raggiungere il Cielo.

 

don Giacomo Tarullo