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Festa grande per la nostra chiesa diocesana: don Arnaud Dossou ordinato presbitero

Ieri, giovedì 15 settembre, nella festa della Beata Vergine Maria Addolorata, presso la Basilica Cattedrale di Sulmona, madre di tutte le chiese della diocesi peligna, mons. Fusco ha presieduto la celebrazione eucaristica dove, mediante l’imposizione delle sue mani, è stato ordinato presbitero il diacono don Arnaud Dossou. Il giovane sacerdote, originario del Benin, ha compiuto il suo percorso formativo presso il Seminario Regionale Abruzzese-Molisano, prestando poi il suo tirocinio pastorale nelle parrocchie della Cattedrale di Sulmona, di Popoli e infine, dove continuerà il ministero presbiterale, di Cristo Re in Sulmona.

Tanti sono stati i fedeli giunti da ogni parte della diocesi per stringersi attorno al sacerdote novello e, con lui, ringraziare il Signore per il dono di una nuova vocazione. Di seguito si riporta l’omelia che il vescovo Fusco ha pronunciato:

«Carissimi, in questa celebrazione della festa della Beata Vergine Maria Addolorata s’inserisce l’ordinazione presbiterale del Diacono Arnaud, grande gioia per la nostra Chiesa di Sulmona-Valva.

Dopo la festa dell’Esaltazione della Croce la liturgia ci invita a contemplare Maria sotto la croce, in un atteggiamento di desolazione e di profondo dolore. Maria ha imparato ad accogliere la volontà di Dio fin dal primo momento con la visita dell’angelo, quando le è annunciato che è stata scelta per essere la Madre del Salvatore. In quel momento ha pronunciato il suo primo «sì», ha dovuto cambiare i suoi progetti diventando madre pur rimanendo vergine. Ora sotto la croce, una nuova annunciazione: è chiamata a una maternità nuova, essere madre di Giovanni, figura e immagine della Chiesa. Anche qui le è chiesto di fare una rinuncia, rinunciare a suo figlio per accogliere una nuova dimensione della maternità di tutta la Chiesa. Papa Pio XII dice che ella fu strettissimamente unita col figlio suo, lo offerse al padre sul Golgota, facendo olocausto di ogni diritto di maternità. Colei che quanto al corpo era madre del nostro capo poté divenire quanto a Spirito madre di tutte le membra.

Questo sì di Maria non è come il primo sì, dove c’era timore, ma anche grande gioia, fino ad arrivare a cantare il Magnificat. Ora il suo cuore è in un abisso di dolore, in quest’ora davanti a sé ha il figlio agonizzante, che prima di dire che tutto è compiuto le rivolge le sue ultime parole affidandola a Giovanni. Maria affronta quest’ora con grande dignità, non fugge davanti alla sofferenza, al dramma che si sta consumando, il vangelo dice che rimane, “sta”, ai piedi della croce.  Non scappa, ma resta lì piantata sotto la croce. STABAT MATER DOLOROSA.

Con le parole “Donna ecco il tuo figlio” Gesù le affida una nuova missione, una nuova maternità, essere madre della Chiesa e di tutta l’umanità. A Maria Gesù affida un nuovo figlio: Giovanni. Avviene una sostituzione, affronta la prova di non essere più la madre di Gesù ma di un altro. Fin da quando Gesù era fanciullo ha imparato a distaccarsi da quel figlio così speciale, ora sotto la croce ridona a Dio la maternità che da Lui aveva ricevuto.

San Bonaventura afferma: “Maria ha pagato il prezzo della nostra Redenzione. Lo ha pagato come una donna forte e pia, quando Cristo ha patito sulla Croce per pagare questo prezzo, purificare e redimere; allora la Beata Vergine è stata presente, ha accettato e si è conformata alla volontà divina. Ha acconsentito che il Frutto del suo Seno venisse offerto in Croce per noi”. Partecipa con grande intensità alla passione del Figlio, che aveva detto: se il chicco di grano non muore rimane solo se muore produce frutto. Il dolore di Maria, il suo distacco dal figlio, non è per la morte ma per la vita, sa che solo passando per la croce, per la passione si diventa capaci di generare, di partorire nuovi figli. Gesù le chiede di amare Giovanni così come ha amato Lui, con lo stesso amore. Di amare la Chiesa con la stessa intensità.

Origene dà il titolo di madre a Maria affermando che ella non ebbe altro figlio che Gesù e quando si è rivolto a Giovanni dicendo questo è il tuo figlio lo dice vedendo in Giovanni il Suo stesso volto.  

Maria, così, passa dall’essere madre di Gesù a diventare madre di Giovanni e della Chiesa, perché sa vivere fino in fondo la passione insieme al suo figlio, nel separarsi perfino da ciò che gli è più caro.

Il card. Martini afferma che il senso del soffrire di Maria è per generare un popolo di credenti. “Se lui ci ha amato e ha dato se stesso per noi, se il Padre non l’ha risparmiato, ma l’ha consegnato per tutti noi, tu Maria hai unito il tuo cuore materno all’infinita carità di Dio con la certezza della sua fecondità.” Papa Francesco afferma: «Oggi è la memoria del momento che la Madonna ci ha partorito e lei è stata fedele a questo parto fino a oggi e continuerà a essere fedele».

Maria ci insegna che “perdere” qualcosa anche di proprio, di bello, di prezioso, anche “divino”, per la causa del Vangelo, non è mai una perdita fine a se stessa, ma un ritrovare Dio stesso. È ripetere con Paolo: «Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Fil 1,21). Non è per nulla facile quest’arte tutta mariana di “saper perdere Dio… per Dio. È per questo motivo che Maria è icona del sinodo, perché partì per prima per visitare Elisabetta, si mise in cammino ma nello stesso tempo, nel momento della sofferenza e del dolore, non si è mossa dai piedi della croce, non si allontana nel momento del bisogno e accoglie e accompagna la Chiesa verso la Pentecoste.

Carissimo Arnaud, oggi sei ordinato presbiteroe, se c’è un luogo che sei chiamato ad abitare è proprio dove si trova Maria Desolata, sotto la croce. Se vuoi generare la Chiesa non c’è altro posto migliore che stare con Maria ai piedi della croce. Lei, pur essendo vergine, partorisce la chiesa; sotto la croce, offrendo il Figlio al Padre, compie quel gesto che la Chiesa non finirà di ripetere per tutti i secoli lungo la storia per l’umanità. Maria diventa sacerdote, dispensatrice di vita proprio nel momento in cui vive la sua più grande sofferenza accanto al Figlio.

“Sia tuo modello Maria Desolata, la quale, dopo aver dato la vita a Gesù e averlo amato e servito, pur sentendosi distaccata da lui … nella prova suprema non mancò all’appuntamento sotto la croce… Tutta donazione. Morta a se stessa, viveva di Dio: non viveva in Lei che Dio solo.” (Igino Giordani, politico cristiano italiano)

Tra poco ti sarà chiesto se vuoi spendere tutta la tua vita per il Signore e per i fratelli, con generosità dirai il tuo SI, che ripeterai tante altre volte nella tua vita, accanto ai tanti crocifissi dove sarai chiamato a stare senza scappare. Il sacerdote come Maria sa stare accanto alla sofferenza, sotto la croce, di fronte alle situazioni non fugge ma sa che quella è una chiamata di Dio che chiede un’adesione generosa. Ogni qualvolta che bussa alla tua porta, nella tua esperienza sacerdotale, il volto della prova e del dolore sentirai lo Spirito che ti sussurra di prendere a casa tua Maria Desolata come ha fatto Giovanni e Lei ti farà comprendere come ogni dolore può generare amore e partorire la Chiesa. Sappi che ogni distacco, ogni separazione vissuta con amore è un contributo prezioso per edificare la Chiesa. Prendere a casa Maria, portarla ad abitare con te vuol dire prendere con Lei tutta la Chiesa, “Giovanni da quel momento la prese nella sua casa”. Lascia che Maria t’insegni ad amare col suo cuore.

Carissimo Arnaud, prega intensamente, ama tanto da morire, spendi tutte le tue forze per edificare la Chiesa tua Madre.

I mistici russi dei primi secoli della Chiesa davano un consiglio ai loro discepoli, ai giovani monaci: nel momento delle turbolenze spirituali rifugiatevi sotto il manto della santa madre di Dio. Lì non può entrare il diavolo perché lei è madre e per questo difende. In seguito in occidente hanno pregato con quella bellissima antifona Sub tuum praesidium: sotto il tuo mantello, sotto la tua custodia, o Madre, lì siamo sicuri.

Nell’inno dello Stabat Mater così preghiamo: “Oh, Madre, fonte d’amore, fammi provare lo stesso dolore perché possa piangere con te. Fa’ che il mio cuore arda nell’amare Cristo Dio per fare cosa a lui gradita…
Fammi piangere intensamente con te, condividendo il dolore del Crocifisso, finché io vivrò. Accanto alla Croce desidero stare con te, in tua compagnia, nel compianto”. Amen