FARE LA STORIA. 59° GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
Nella quarta domenica di Pasqua, tradizionalmente chiamata: “domenica del Buon Pastore” la Chiesa da cinquantanove anni prega per le vocazioni.
Vocazioni al Sacerdozio, alla vita religiosa, consacrata, missionaria ma prima di tutte: la vocazione alla santità che viene seminata nel cuore dell’uomo nel giorno del Battesimo.
Come tutti gli anni, ogni parrocchia, si è attivata per pregare per le vocazioni, nella Santa Messa, nell’adorazione Eucaristica, nella recita del Santo rosario preghiera tanto cara al popolo soprattutto in questo mese di maggio. Anche le feste patronali molto frequenti in questo periodo nella nostra diocesi, hanno lasciato spazio ad intenzioni di preghiera per le vocazioni.
Le parrocchie di Raiano e Badia di Sulmona hanno la gioia di avere durante l’anno la presenza dei seminaristi per le attività pastorali, Cristian e Francesco. In queste comunità in occasione di questa giornata hanno lasciato una loro testimonianza in modo particolare ai più giovani.
Il prossimo 11 maggio nella Parrocchia San Tommaso Apostolo in Barrea, il Vescovo Mons. Michele Fusco presiederà la veglia di preghiera per le vocazioni dal tema “fare la storia”. Tema scelto dall’ufficio nazionale per la pastorale vocazionale.
Prendiamo le parole del direttore dell’ufficio nazionale don Michele Gianola che da una spiegazione del significato di questo tema:
«L’amore dev’essere messo più nei fatti che nelle parole». Non serve scomodare il pensiero di sant’Ignazio di Loyola per riconoscere nell’esperienza la verità di questa sua espressione dal sapore tutto evangelico – «non chi dice, Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7,21) – e decisamente vocazionale. La volontà del Signore – amare – si fa. Nel senso transitivo del termine: si va compiendo, è in via di realizzazione, si sta costruendo, cresce, matura. Non da sola, però, non senza di noi, non senza l’apporto di ciascuno con la sua particolare vocazione perché egli stesso non ci ha voluto nella storia come spettatori ma come protagonisti, cooperatori della sua opera perché possiamo dirla anche nostra. Fare è un verbo generico che usiamo per tantissime declinazioni, ma è una parola che indica concretezza, manualità, creatività, coinvolgimento. Chiede di non stare a guardare, di prendere parte, di schierarsi, di non rimanere neutrali, di non stare con le mani in mano. La vocazione non accadrà, non scenderà dal cielo già tutta compiuta, come un progetto già tutto pronto confezionato in ogni dettaglio dalle mani di Dio. La ricerca vocazionale e il suo discernimento chiede responsabilità, quella abilità a rispondere che coinvolge la nostra libertà, le nostre mani, il nostro fare. Lungi dal declinarsi in un mero attivismo, fare la storia – fare la vocazione – significa immergersi nell’oggi senza timori né paure per ascoltarne gli appelli, per intuire nei rivoli del tempo la voce dello Spirito che invita e domanda una risposta. Sono là, nella realtà, i luoghi e i volti delle persone per i quali e insieme alle quali riconoscere la possibilità di donare la vita per amore, di spenderla, versarla perché possa diventare vita a sua volta, generare nuova storia, portare avanti il Regno di Dio. «Fare la storia» non è ‘diventare qualcuno’. La vocazione – si sa – parte dalla sperimentata libertà che viene dal Battesimo, dal sapersi riconosciuti e conosciuti come figlie e figli amati, unica direzione che libera dalla brama di guadagnare un posto al sole. Fare la storia, compiere la propria vocazione insieme ad altri è acquisire la giusta misura di sé, sapere di poter compiere il bene, oggi, in questo fazzoletto di terra che è l’unico luogo nel quale seminare le proprie energie, la propria vita per il bene, nella vita di Dio. «Fare la storia è sentire la responsabilità del tempo, del mondo, di ogni uomo è vivere nella solidarietà autentica che ci permette di pensare e agire in termini non di singoli ma di comunità. «Fare la storia». La vocazione è un’opera artigianale che non si può compiere da soli – senza un Maestro e senza la Chiesa – ma che esige la risposta di ognuno: «Dio che ti ha creato senza di te, non ti salverà – non ti darà la vita piena – senza di te» (Agostino). La vocazione è una missione da compiere (cf. EG 273) una impresa da portare a termine (Gdt 8,32): c’è una storia da fare, insieme al Signore, insieme agli altri, spendendo la vita nell’amore. La storia, la vita, la vocazione si fa nel concreto di un presbiterio, di una comunità di vita consacrata, di una determinata missione, di una comunità monastica, di una consacrazione a servizio di una precisa Chiesa locale nella quale si è colto l’invito a darsi la vita, reciprocamente.