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Chi abita il nostro silenzio?

Verba volant, scripta manent. Ed eccomi qui a rimuginare sulle esperienze vissute in questi ultimi giorni cercando di scrivere due parole. Mi voglio soffermare sui 15 minuti di silenzio che hanno caratterizzato la nostra ascesa all’Eremo delle Carceri durante il Weekend di spiritualità trascorso ad Assisi dai giovani della diocesi.

Apprezzo molto questi momenti perché sempre di più sono consapevole della velocità con cui il tempo incede e la vita scorre tra un affanno e l’altro, siamo un po’ tutti come Marta quando Gesù si presenta a casa sua. Il silenzio ci aiuta a riflettere e a fare anche il punto della situazione, in quello di ieri sono riuscito a ricollegarmi ai momenti vissuti il giorno precedente nella Basilica di San Francesco e in particolare allo sguardo del Santo, che nei primi sei affreschi che narrano la sua vita, assume un ruolo centrale.

Ne “L’Omaggio dell’uomo semplice” i suoi occhi sono indirizzati verso il basso, allora ho iniziato a camminare anche io con lo sguardo rivolto verso la Terra, ho cercato di conferire a questo gesto il valore dell’umiltà, dell’attenzione al dove dirigiamo i nostri passi, ho riflettuto sul cammino della mia vita che mi ha portato sino a lì e alla strada che mi aspetta, che può essere in salita, proprio come quella che stavamo percorrendo tutti.

Nel secondo affresco Francesco volge lo sguardo ad un povero, in realtà ad un nobile caduto in disgrazia, al quale dona il suo mantello. Mi sono tornate in mente le parole di Mons. Spina pronunciate a Panama: “Abbiamo un volto per volgere lo sguardo al prossimo”, allora ho cercato di volgere anche io il mio sguardo agli altri, a chi camminava senza sentire la fatica, a chi invece era più in difficoltà, a chi mi era vicino insomma. Il primo passo per aiutare il prossimo è accorgersi di lui.

Nel terzo affresco Francesco sta dormendo, i suoi occhi quindi sono chiusi, questa situazione può rappresentare l’introspezione e la ricerca in sé stessi. Io ho evitato di chiudere gli occhi mentre camminavo per ovvi motivi, ma quello che stavo facendo era cercare di guardarmi dentro.

Nei tre dipinti che seguono, il suo sguardo è rivolto sempre verso l’alto, a quella Mano che sbuca dalle nuvole dipinta nell’affresco centrale. Ho osservato anche io il Cielo alla ricerca di quella Mano, una Mano che ci sostiene sempre, ma della quale spesso non ci accorgiamo.

Eravamo circondati dagli alberi e ho pensato alla frase di un personaggio del 1700, tale Antonio Genovesi, economista, scrittore, filosofo e sacerdote, che disse: “Gli uomini sono come alberi di vite, si sorreggono l’un con l’altro. Questo è il segreto della felicità. Nessuno basta a sé stesso. Questo diritto si chiama umanità”.

Il suo pensiero si contrapponeva a quello di Adam Smith, considerato il padre dell’economia classica che diventò il punto di riferimento per molti altri economisti con la sua opera “La ricchezza delle Nazioni”. Smith diventa celebre soprattutto per il suo concetto di “mano invisibile”, una mano che secondo lui spinge l’individuo ad assicurarsi benefici per sé stesso, a perseguire null’altro che vantaggi individuali i quali, poi, avrebbero però avuto effetti positivi su tutto il corpo sociale.

Ora tocca a noi decidere da quale delle due mani farci accompagnare!

Francesco M. Di Pietro