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La nostra diocesi ha un nuovo sacerdote: don Giacomo Tarullo

Giovedì 27 giugno, vigilia della Solennità del Sacro Cuore, il diacono don Giacomo Tarullo, venticinquenne della comunità parrocchiale di Santa Maria della Valle in Scanno, è stato ordinato sacerdote mediante l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria del nostro Vescovo Mons. Michele Fusco.

Nella Chiesa Cattedrale di Sulmona una grande folla di fedeli ha sfidato il caldo afoso per accompagnare con la preghiera il giovane seminarista, il quale ha risposto con generosità alla chiamata del Signore. Una vocazione, la sua, germogliata sotto la guida saggia e premurosa del suo parroco, don Carmelo Rotolo, e coltivata tanto nel Seminario Regionale “San Pio X” di Chieti, quanto all’interno della sua famiglia.

Erano presenti alla celebrazione il rettore e il padre spirituale del Seminario, numerosi seminaristi e presbiteri, non solo della nostra diocesi, ma anche delle diocesi vicine, e i famigliari di don Giacomo, i suoi genitori e le due sorelle. Da Scanno e da Popoli, paese nel quale don Giacomo ha prestato servizio pastorale per quattro anni, sono partiti dei pullman nel primo pomeriggio con a bordo i parrocchiani, desiderosi di partecipare a questo lieto evento.

Rivolgendosi a don Giacomo nell’omelia il Vescovo ha detto: “Non dimenticare mai le caratteristiche del buon Pastore che Gesù ci ha donato attraverso la sua Parola di oggi. Ricordati che tu sei benedetto. Tu sei benedizione. […] Gesù è stato benedizione del Padre per l’umanità, il Padre attraverso te benedice l’umanità, tu sei uno strumento di benedizione.”. E ancora: ”Diventa benedizione diffondendo la Parola della misericordia, sii benedizione distribuendo il Pane del cielo, benedici attraverso i gesti di carità”.

Dopo la preghiera delle litanie, l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione, don Giacomo ha indossato gli abiti sacerdotali, aiutato da don Carmelo, visibilmente commosso. Le sue mani sono state unte con il Sacro Crisma e il Vescovo gli ha consegnato il pane e il vino con queste parole: “Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore.”. Il rito si è concluso con l’abbraccio di pace tra l’ordinato e i presbiteri presenti.

Al termine della celebrazione il sacerdote novello ha salutato tutti nel cortile della Curia Vescovile, dove sono proseguiti i festeggiamenti con un momento di convivialità.

Don Giacomo ha celebrato la sua prima messa solenne venerdì 28 giugno nella Chiesa di Santa Maria della Valle in Scanno.

Al caro don Giacomo gli auguri di tutta la Chiesa diocesana: il suo ministero sacerdotale, appena iniziato, porti frutti di grazia e di santità e sia benedizione per tutte le persone che incontrerà sul suo cammino.

di Francesco Domenicucci


Omelia di S.E. Mons. Michele Fusco all’ordinazione presbiterale di don Giacomo Tarullo – 27 giugno 2019

Un giorno solenne: la festa del Sacro Cuore, Giacomo riceve l’ordinazione sacerdotale ed è anche la giornata di santificazione dei sacerdoti. La liturgia della Parola pone al centro della nostra riflessione l’immagine del Pastore.

Il profeta Ezechiele nella prima lettura raffigura Dio che raduna il suo gregge disperso, lo conduce ad ottimi pascoli, va in cerca della pecora perduta per ricondurla all’ovile, cura quella malata, fascia quella ferita . . . passa in rassegna le sue pecore, le conosce una ad una, ama ciascuna. Un Pastore vicino, che conosce le sue pecore. Non ama a parole, ma concretamente, con tenerezza, fascia le ferite ecc.. due atteggiamenti concreti dell’amore di Dio: vicinanza e tenerezza. Che ci mostrano la forza dell’amore di Dio noi.

Qual è la nostra risposta a tutto questo amore, alla sua vicinanza, alla sua tenerezza?  Lasciarci amare da lui, non opporre resistenze, lasciare che il Signore ricolmi di tenerezza, la nostra vita, aprire il nostro cuore e scorgere i segni della sua presenza.

Nel Vangelo, Luca, al capitolo 15, ci descrive come in un dipinto la stessa immagine del bel Pastore, mettendo in luce la preziosità dell’uomo per Dio. L’uomo è oggetto del suo amore, tu sei prezioso ai miei occhi. Una salvezza che è rivolta a tutti, nessuno deve rimanere fuori dalla redenzione.

Gesù inizia con una domanda retorica rivolta ai farisei e agli scribi, che lo criticavano perché andava con i peccatori e pubblicani, una domanda che suppone una risposta negativa, “Chi di voi?” Nessuno agirebbe come il pastore della parabola. Ma è proprio la cura del pastore per le sue pecore che rivela a noi il volto di Dio misericordioso che ama ciascuna pecora del suo gregge. Il vangelo traccia poi le azioni e i sentimenti del Pastore: la sua ricerca, la fatica, poi la gioia per la pecora ritrovata che si trasforma in tenerezza, la mette sulle spalle, e condivide tale gioia con gli amici.

La domanda di Gesù ci interpella, interroga soprattutto noi pastori, sacerdoti, vescovo, diaconi ecc.. Chi di voi?

Gesù ci invita a metterci davanti a Lui come davanti ad uno specchio, per farci interrogare dai suoi gesti e dalle sue parole. Se come pastori, abbiamo i suoi stessi sentimenti e atteggiamenti.

Per poter essere come Lui bisogna per prima cosa incontrare il Maestro, occorre che noi per primi, ci lasciamo trovare e amare. Solo dopo una esperienza profonda, una relazione particolare con il Pastore buono possiamo da peccatori, da poveri, come siamo, riversare l’amore che abbiamo ricevuto, come dice la seconda lettura, nel cuore dei fratelli.

In questo Vangelo incontriamo un gregge, cento pecore, numero perfetto, simbolico, che dice la pienezza, la totalità del popolo di Dio. Qui accade qualcosa di inaspettato, una pecora si perde. Da una parte allora ci sono le 99, dall’altra una pecora, uno squilibrio, un’unica pecora che attira le attenzioni del pastore, di fronte ad un gruppo numeroso è quella pecora che attira il Pastore. Si è persa, smarrita, è in pericolo. Il pastore non la lascia sola, ma abbandona le altre e va in cerca di lei. Dio si preoccupa dell’ unica pecora che manca, non gli bastano le 99.

La sofferenza per l’unica pecora che manca rivela il valore che ognuna di essa ha agli occhi del pastore. E’ possibile una cosa del genere? Chi di voi? Aveva chiesto Gesù, non resta con le 99 e sta tranquillo. Invece il pastore corre a cercare quella perduta, quella che non merita niente, se non la solitudine e l’abbandono, che si era cercata da sè.

Non c’è punizione per la pecora ritrovata, non durezza, solo amore infinito, gioia traboccante, il Pastore poi non torna indietro dalle 99 nel deserto, ma va a casa a fare festa.

Questo stile pastorale, questo modo di essere pastore, è quanto ci presenta il Vangelo: lo presenta a te Giacomo che stai per essere ordinato sacerdote, pastore, ma lo ricorda anche a  tutti noi sacerdoti.

Lo stile del pastore che ama tutti, che cerca ciascuno, che è attento ad ognuno delle sue pecore. Che sa perdonare e usa misericordia. Non attende che ritorni, ma esce, si mette in cammino verso situazioni non conosciute, attraversa anche pericoli, fatica nel cercare. Quante volte invece aspettiamo, seduti, forse in sacrestia, attendiamo che vengano da noi, sono loro che devono venire, abbiamo tanti alibi: non è venuto, lo aspettavo, ero qui,  quando vuole viene, non sapevo niente, non mi ha detto nulla,  . . .  non ci scomodiamo, non ci preoccupiamo e tante volte non riusciamo ad avere quell’atteggiamento di misericordia, di ascolto, di benevolenza, di amore preveniente che non si accontenta del tanto che già ha ma va incontro, affinché tutti e ciascuno possano sentirsi amati e non giudicati e condannati.

Perché possiamo anche noi, anche tu Giacomo, avere questi stessi atteggiamenti vi è un prima, una esperienza senza la quale non possiamo manifestare agli altri la misericordia e l’amore del Padre. E’ quanto ci racconta san Paolo scrivendo ai Romani,  . . . mentre eravamo ancora peccatori, deboli, Cristo è morto per noi, mentre ci eravamo smarriti come la pecora del Vangelo, Cristo è venuto a trovarci, a cercarci, così Dio dimostra il suo amore per noi, morendo sulla croce. Riversando per mezzo dello Spirito nei nostri cuori l’amore di Dio. Se facciamo ogni giorno questa esperienza di sentirci amati dal Padre, scelti per una missione, cercati da Lui; se ci soffermiamo ogni giorno davanti al Tabernacolo e ci lasciamo amare e trasfigurare, da un incontro sempre nuovo con il Signore che ci ha chiamati e ci conduce per mano, se tutto questo e lo facciamo non per un dovere o per una pratica esteriore, allora realmente saremo pastori belli, buoni a immagine dell’unico vero Bel pastore. Quante volte diciamo di non avere tempo, di sottrarre spazio alle attività o al nostro tempo libero, invece senza questa fonte non riusciremo ad essere la voce, le mani, i piedi di Cristo. Senza di me non potete far nulla, non avremo mai la delicatezza e la vicinanza del vero Pastore.   

Così Papa Francesco nell’omelia della messa crismale del 2014:  «Il sacerdote è una persona molto piccola: l’incommensurabile grandezza del dono che ci è dato per il ministero ci relega tra i più piccoli degli uomini. Il sacerdote è il più povero degli uomini se Gesù non lo arricchisce con la sua povertà, è il più inutile servo se Gesù non lo chiama amico, il più stolto degli uomini se Gesù non lo istruisce pazientemente come Pietro, il più indifeso dei cristiani se il Buon Pastore non lo fortifica in mezzo al gregge. Nessuno è più piccolo di un sacerdote lasciato alle sue sole forze». Ci ricorda che senza la grazia di Dio e lo sguardo di misericordia col quale Egli ha scelto i suoi ministri nel sacerdozio, il prete è un uomo povero e privo di forza.

Giacomo, prima dell’omelia hai ripetuto il tuo eccomi, la Chiesa ti ha scelto per l’ordine del presbiterato. Tra poco sarai consacrato sacerdote. Non dimenticare mai le caratteristiche del Buon Pastore che Gesù ci ha donato attraverso la sua Parola di oggi. Ricordati che tu sei benedetto, tu sei benedizione, Berakhà (in ebraico).

Gesù è stato benedizione del Padre per l’umanità, luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo, il Padre attraverso di te benedice  l’umanità, tu sei uno strumento di benedizione.

Per usare una immagine direi che sei l’aspersorio, che intinge l’acqua santa e la riversa sul popolo. Diventa benedizione diffondendo la Parola della misericordia, sii benedizione distribuendo il Pane del cielo, benedici attraverso i gesti di carità. Ma ricordati che se non attingi l’acqua non la puoi dare, se non ti riempi del divino non potrai riversare benedizione.

Il Sacerdote è una benedizione per la comunità dei fedeli, guai a diventare maledizione, cioè colui che separa, che divide.

Papa Francesco nell’omelia del 12 maggio scorso, ha illustrato le vicinanze proprie del sacerdote: “vicino a Dio nella preghiera, vicino al vescovo che è il vostro padre, vicino al presbiterio, agli altri sacerdoti, come fratelli, senza “spellarsi” l’un l’altro [parlar male gli uni degli altri], e vicini al Popolo di Dio. Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire e per cercare e salvare ciò che era perduto”.

Ti benedico o Signore,

perché ci ricolmi di benedizioni,

perché ti ricordi della tua chiesa di Sulmona – Valva

e ci doni ancora un segno della tuo benedizione

nel dono di un sacerdote.

 Grazie Signore,

fa che la tua benedizione,

faccia scaturire dal nostro cuore

un inno di lode alla Santissima Trinità. Amen