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La Messa Crismale può ben dirsi vera epifania della Chiesa

Mercoledì 17 Aprile nella Cattedrale di San Panfilo, gremita di fedeli, si è celebrata la Messa Crismale dove i sacerdoti e religiosi di tutta la Diocesi hanno rinnovato le loro promesse ed il Vescovo ha benedetto l’olio degli infermi (utilizzato poi nell’unzione dei malati), l’olio dei catecumeni (utilizzato nel sacramento del battesimo) e il crisma (utilizzato sia nel battesimo che nella confermazione, ma anche nell’ordinazione di un presbitero e di un vescovo, e nella consacrazione di una chiesa e di un altare), è uno dei momenti celebrativi centrali della vita di ogni diocesi.

Di seguito l’omelia del Vescovo:

Carissimi,

oggi lo Spirito ci ha convocati nella nostra cattedrale, Vescovo, Sacerdoti, Religiosi e Religiose, Diaconi, seminaristi, consacrati, ministri istituiti, associazioni e movimenti ecclesiali, collaboratori, laici impegnati, catechisti, famiglie, giovani e adulti, insieme, unito, tutto il popolo di Dio.

È la nostra Santa Chiesa di Sulmona – Valva, che come ogni anno celebra la Pasqua nella Messa Crismale, per invocare lo Spirito su tutto il popolo di Dio, particolarmente sui sacerdoti che oggi rinnovano i loro impegni.

Possiamo affermare che la Messa crismale può ben dirsi vera epifania della Chiesa, poiché come ci ricorda la Costituzione dogmatica sulla Divina Liturgia –Sacrosantum Concilium – ‘c’è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio’ alla medesima Eucaristia ‘cui presiede il Vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri’ (SC 41); 

Per tale motivo siamo soldali alla comunità cristiana francese di Parigi che non potrà celebrare la Messa Crismale nella Cattedrale di Notre Dame, il crollo dell’edificio ci ha lasciati sconvolti, ma quanta commozione nel vedere tanti, tra cui molti giovani, cantare e pregare con gli occhi carichi di speranza, in questa situazione così triste. Dalle ceneri di Notre Dame il Signore farà risorgere un nuovo popolo di credenti, tempio vivente di Dio.  

Lo spirito del Signore Dio è su di me.

Il profeta Isaia ha piena consapevolezza che il Signore lo ha investito con il suo Spirito, il Signore dall’alto gli ha inviato lo Spirito. Isaia ci consegna la sua esperienza più intima, di essere pervaso e abitato dallo Spirito. Questa esperienza trasforma la sua identità, lo rende proprietà del Signore, luogo dove Dio si manifesta.

 Il Signore mi ha consacrato con l’unzione.

Questo antico rito con cui si consacravano i Re e i sommi sacerdoti, con l’olio si diventa consacrati, apparteniamo al Signore, abitati dallo Spirito di Dio.

Gesù nella Sinagoga di Nazareth proclamando le parole del profeta Isaia annuncia che quella Parola si è compiuta, il tempo è inondato dal divino, inizia l’epoca dello Spirito, annuncia a tutti i presenti che quello Spirito, che su di lui è disceso al Giordano, lo pervade e lo guida verso una missione che il Padre gli ha indicato.  

Quello stesso Spirito e quella stessa unzione è stata donata a tutto il popolo di Dio fin dal Battesimo. Cristo: l’unto, partecipa la sua unzione a tutto il popolo di Dio, popolo sacerdotale, profetico e regale, attraverso i sacramenti.

 Isidoro di Siviglia affermava nel VII sec d.C. che ‘tutta intera la Chiesa è consacrata con l’unzione del crisma, perché essa è membra dell’eterno re e sacerdote’ e l’unzione è conditio sine qua non perché ‘possiamo chiamarci cristiani’. Nel nostro nome di ‘cristiani’ è presente il mistero dell’olio. La parola ‘cristiani’, infatti, deriva dalla parola ‘Cristo’ (cfr At 11,20-21), che significa ‘Unto’.

Mi ha mandato  . . . a portare il lieto annuncio ai miseri,. . .  (a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,  a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, per dare agli afflitti di Sion, una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto.)

Isaia riceve una missione precisa, nel testo vi sono descritte sette finalità. Viene inviato ai miseri, cioè coloro che non contavano nulla, senza potere sociale e materiale, coloro che confidavano solo nel Signore. Inviato a fasciare le piaghe, a piegarsi di fronte ai fratelli deboli, ammalati, che hanno bisogno di cure, che non riescono più ad amare perché hanno il cuore spezzato dalla tristezza. A ridare speranza a coloro che sono schiavi del male, a portare consolazione a chi è nella tristezza.

Un annuncio di gioia nello Spirito, un invito a ritrovare la propria identità di essere popolo che appartiene al Signore, senza lasciarsi schiacciare dal male. Per annunciare ancora che Dio non dimentica il suo popolo ma invia un unto, un profeta, il Messia, Cristo . . . oggi manda la Chiesa e i suoi ministri a portare una parola di letizia e non di tristezza di liberazione e non di oppressione.

Come dice l’Evangelii Gaudium: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.” (EG1)

 Un invito forte quello del profeta Isaia a prendere coscienza di essere popolo di Dio che ha ricevuto lo Spirito, è stato unto e ha una missione. Con il suo sangue sparso sulla croce Gesù ha sigillato questa alleanza eterna, per sempre, e ha riversato su tutta la Chiesa i doni sacramentali di salvezza di cui siamo partecipi.  A tutti noi è rivolto questo forte invito a divenire profeti, unti, inviati segno dell’alleanza eterna.

Ciascuno di noi, sacerdoti, operatori pastorali, movimenti, associazioni, singoli battezzati, si chieda alla luce della Parola e docili allo Spirito di comunione e di unità, qual è la propria missione all’interno della nostra Chiesa, qual è il proprio ruolo, quello per cui è stato unto e per il quale spendere le proprie capacità e i propri talenti, abbandonando sterili campanilismi e motivazioni di parte.

Solo dopo un attento discernimento vocazionale, personale e comunitario, possiamo intraprendere il cammino verso la sinodalità a cui siamo chiamati grazie all’appartenenza all’unico nostro Signore e Salvatore Gesù, il Cristo.

Carissimi sacerdoti, voi avete ricevuto una particolare unzione, siete stati uniti a Cristo, l’unto di Dio, consacrati con il crisma, con l’olio profumato, che vi impegna a realizzare una santità autentica, una santità che vi spinge alla missione di portare il Vangelo in questo nostro mondo così secolarizzato, alle nostre comunità cristiane.

Il nostro ministero si chiama “ordinato” perché trova il suo senso radicale nella cura del popolo di Dio, è un ministero ordinato ad altri e vive di questo essere totalmente speso per gli altri. Non è un ministero per noi, ma per gli uomini e le donne di oggi, non è un ministero per realizzarci, ma per realizzare la vita buona del vangelo nel cuore delle persone, non è un ministero per arricchirci, ma per nutrire il popolo santo della Parola, dei Sacramenti e della Carità, non è un ministero per avere un ruolo di successo, ma siamo “ordinati” per popolo di Dio.

In questa giornata siamo chiamati a verificare la nostra identità di battezzati e sacerdoti. Occorre guardarci dentro, senza veli e senza timori, perché prima ancora delle nostre miserie ci sono i tesori da scoprire, quei tesori che il Signore ha messo nel nostro cuore e nelle nostre mani da quando che ci ha scelti ad essere tutti suoi.

Siamo “suoi”, di Cristo,  non solo perché legati a Lui a titolo particolare in quanto discepoli, ma soprattutto perché “consacrati” a Lui e alla edificazione del suo Regno con il dono dello Spirito Santo ricevuto con l’imposizione delle mani del Vescovo che ci ha abilitati ad agire “in persona Christi”.

Siamo “mandati” nel mondo per portare quella Parola di verità, che è Cristo stesso, unica capace di dare prospettiva di salvezza. Deve colmarci di stupore il constatare che, nonostante la nostra povertà, Gesù abbia posto la sua fiducia proprio su di noi mettendo nelle nostre mani quei tesori di grazia che arrivano alle diverse persone attraverso il nostro ministero.

Siamo da Gesù anche “santificati” perché abitati dalla Santissima Trinità: una presenza questa che ci fa partecipi della santità divina che ci rende capaci di realizzare noi stessi anche nella nostra umanità in quanto ci abilita ad amare con cuore puro, come è puro il cuore di Dio.

A volte però corriamo il rischio di vivere il ministero come “peso” lo si corre se impostiamo la nostra vita seguendo la logica del mondo. Quando: si vuole ottenere risultati immediati; si cerca di avere gratificazioni personali, successo, popolarità;

Vi invito con coraggio a camminare con la Chiesa nostra madre. L’unità del Corpo mistico di Cristo, che possiamo rappresentare da quella veste di Gesù senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo, che sul Calvario nemmeno i soldati hanno osato strappare, ma se la sono tirata a sorte, deve essere custodita e garantita da tutti, specialmente da noi sacerdoti. Questa unità si esprime in modo particolare nella testimonianza di una comunione sincera:-         Col Santo Padre sia aderendo al suo Magistero, sia cercando di comprendere le motivazioni profonde delle sue scelte nella guida della Chiesa e quindi difendendo la sua Persona dagli attacchi che gli vengono da alcuni settori sia esterni che interni alla chiesa.

Con la chiesa diocesana, col Vescovo e con il Presbiteri.Con un impegno quotidiano a costruire ponti e non muri, ad allacciare relazioni significative e amicizie sincere.

Nella comunità parrocchiale, con le associazioni e movimenti. I sacerdoti hanno la responsabilità di accogliere tutti, di diventare segno di quell’amore del Padre che abbraccia ogni persona e aiuta la comunità intera ad essere stretta intorno a Cristo segno di unità e di comunione che tutti convoca e a tutti chiede di convertirsi per essere inviati  a portare l’annuncio della gioia del Vangelo. Per evitare distorsioni dobbiamo imparare a vivere uno stile di comunione sinodale, uno stile di famiglia, la famiglia dei figli di Dio, dove ognuno ha il suo posto e il suo ruolo. Lavoriamo insieme per la diffusione del Regno, uniti nella passione per la missione della Chiesa: aiutare l’uomo a incontrare il Dio di Gesù Cristo; lavoriamo insieme superando divisioni interiori ed esteriori, diventiamo capaci di fare passi indietro dove si rendano necessari; non c’è missione senza comunione. Chiamati a comprendere che la missione si fa insieme: preti, diaconi, laici, religiose/religiosi, movimenti, associazioni, famiglie; questa è la condizione per poter essere costruttori di Chiesa senza rischiare di diventarne distruttori presuntuosi.

Carissimi, lasciamo che lo Spirito del Signore con la sua freschezza ci pervada e ci coinvolga, per avventurarci in strade nuove e faticose. Annunciamo il Vangelo della gioia, raduniamo il popolo di Dio intorno a Cristo per dare consolazione e speranza. Soprattutto guardiamo con speranza alle nuove generazioni che attraverso alcuni ultimi avvenimenti ci hanno mostrato una forte testimonianza, mi riferisco all’esempio di Greta giovane di 16 anni svedese per la sua lotta per la terra che ha coinvolto tanti altri giovani, Simone di 15 anni a Roma che ha sfidato Casapound a favore dei Rom,  Guglielmo il ragazzino di 12 anni di Milano che ha gridato “Dio ti amo” durante l’incendio dell’autobus.

Che questa Pasqua ci aiuti a risorgere dalle nostre povertà e ci aiuti a guardare oltre, per scorgere ciò che è invisibile agli occhi. Così da poter indicare a tutti, con voce profetica, che Dio abita in mezzo a noi, nella sua Chiesa, e mostrare che ciò che  è invisibile noi lo abbiamo visto e toccato.

Amen